perugia social photo fest a rischio intervista antonello turchetti

PERUGIA. Edizione 2015 cancellata e festival rinviato a data a destinarsi. Quando il comitato organizzatore del Perugia Social Photo Fest, la rassegna internazionale di fotografia sociale e fotografia terapeutica che avrebbe dovuto tenersi a novembre nel cuore di Perugia, ha annunciato qualche giorno fa la cancellazione dell’edizione 2015, i sostenitori della manifestazione hanno cercato di convincere gli organizzatori a vagliare altre strade per rendere possibile la sua realizzazione. Eppure per Antonello Turchetti, direttore artistico del PRPF, questa non può essere la strada per ‘mantenere’ un festival che, ‘in pochissimo tempo ha creato una rete internazionale importante, attiva e reale‘.

 

 

edizione 2014 (foto Fb)
edizione 2014 (foto Fb)

 

 

Il festival era già pronto e la programmazione, come ogni anno, è stata chiusa a giugno; ma alla felicità di aver realizzato una bella quarta edizione per l’anno 2015 si contrapponeva la mancanza di certezze riguardo l’effettiva realizzazione del festival.

Si parla di soldi, fondi, sostegni (ovviamente mancati) ma anche -e soprattutto- di dignità. Perché per Turchetti in qualche modo anche questa volta il comitato organizzatore sarebbe riuscito a realizzare la manifestazione da sé, con l’aiuto dei fedelissimi, della gente e dei tanti sostenitori (aumentati alla notizia della cancellazione dell’edizione 2015 del festival). “Eppure non mi sembra giusto – dice Turchetti – chiedere ancora a noi, alla gente, uno sforzo di questo tipo”.

 

Il problema infatti è alla radice e non può essere sempre risolto ‘dal basso’. Come spiega il direttore artistico:

“Le motivazioni che ci hanno portato alla scelta di annullare l’edizione 2015 del PSPF sono contenute nel comunicato e non ho voluto espressamente accusare nessuno perché credo che ci saranno eventualmente delle altre occasioni. Comunque questa è una questione che viaggia su più canali.

E uno dei maggiori problemi arriva dai finanziatori privati. Devo dire che alcuni finanziatori, che si erano proposti per sostenere l’edizione 2015, all’ultimo non hanno confermato. A questo poi si aggiunge il fatto che le grandi major, i grandi marchi della fotografia in questi quattro anni hanno totalmente bypassato ogni nostra richiesta di sostegno che, vorrei precisare, non si tratta necessariamente di uno sforzo economico”.

 

A volte basta il sostegno, insomma.

“Noi capiamo che il primo anno, forse anche il secondo, ci possa essere un po’ di titubanza. Siamo stati dei pionieri rispetto all’ambito della fotografia sociale e terapeutica e di certo non giochiamo con i grandi nomi della fotografia che attirano la massa però i risultati non sono mancati, anzi. Abbiamo portato quasi 3 mila persone a Perugia in nove giorni, rappresentato 14 nazioni, portato ospiti illustri. Detto questo un sostegno da parte loro, anche non economico, è inutile negare che ce lo aspettavamo”.

 

Parlavi poi di un altro problema.

“Dall’altro lato c’è un discorso legato prettamente alla classe dirigenziale della mia Regione (l’Umbria, ndr) che si è mostrata totalmente inaffidabile. Si parla di mail misteriosamente scomparse, appuntamenti rimandati o disdetti all’ultimo minuto. Quindi, avendo chiuso la programmazione a giugno con zero garanzie, zero risposte, abbiamo deciso di cancellare l’edizione 2015”.

 

 

Il pubblico di uno degli incontri organizzati nell'edizione 2014
Il pubblico di uno degli incontri organizzati nell’edizione 2014

 

 

Visti i numeri delle precedenti edizioni deve essere stato abbastanza svilente prendere questa decisione.

“Diciamo che questa iniziativa è nata completamente dal basso e quindi è stata fondata su determinati concetti legati alla cultura che può aver infastidito qualcuno. Dall’altro lato però devo ammettere che parte dell’amministrazione comunale attuale ha provato in tutti i modi a sostenerci, anche economicamente, anche se la situazione in cui verte l’amministrazione tutti la conosciamo”.

 

Ad aggravare, soprattutto moralmente, la situazione il fatto che il festival sia stato riconosciuto a livello internazionale (pochi mesi fa la Commissione Europea ha inserito il PSPF tra i festival europei distinti per l’alto livello culturale e il forte impatto a livello nazionale, europeo e internazionale). Qui in Italia invece sembra non ricevere la stessa importanza.

“Parliamoci chiaramente. Non siamo uno dei festival blasonati italiani che hanno le major o le riviste più importanti al loro fianco. E questo non perchè siano meglio loro o perché siamo peggio noi ma semplicemente perchè non c’è un’udienza da questo punto di vista. Quando abbiamo diffuso la notizia della cancellazione dell’edizione 2015 del festival c’è stata un’invasione di messaggi, anche a livello personale, mail di supporto e sostegno, messaggi spontanei che ci fanno  capire quanto il festival per la gente sia importante.

Ovviamente questa notizia, della sospensione del festival, solleverà un po’ di polemiche ma trovo agghiacciante che si debba sempre passare per questa modalità per far riconoscere il proprio lavoro. Perché questo riconoscimento, ricollegandomi alla tua domanda, permette di dare una bella visibilità ad una città e una Regione. In questi anni abbiamo lavorato molto – e gratuitamente- per ottenere questi risultati ma ora come ora è giusto che chi gode di questo riconoscimento anche grazie al nostro lavoro, come la Regione, si prenda e rispetti i suoi impegni. Credo sia giusto avere una collaborazione tra chi ha il contenuto e chi ha il contenitore”.

 

 

Uno degli incontri dell'edizione 2014
Uno degli incontri dell’edizione 2014

 

 

Sempre a Perugia mi viene in mente un caso simile, quello del festival internazionale di giornalismo. Anche gli organizzatori hanno corso il rischio di vedersi cancellata la scorsa edizione. Poi però grazie al crowdfunding hanno riscosso un successo enorme in pochissimo tempo. Questa poteva essere una soluzione alternativa per cercare di salvare il vosto festival?

 

“Guarda, noi in tempi non sospetti siamo stati i primi, ancora prima del festival di giornalismo, ad attivare il crowdfunding, anche quando non era ancora così largamente conosciuto.

Adesso però apro una parentesi, probabilmete un po’ polemica. Il festival di giornalismo ha avuto una risonanza mediatica enorme. I giornalisti si sono mossi perchè il loro ‘salotto’ fosse difeso e molti dei contributors sono stati gli stessi giornalisti. Gli organizzatori del festival avevano avuto finanziamenti pubblici per oltre 7 anni poi c’è stato il problema, la raccolta fondi e dopo aver fatto l’edizione col crowdfunding hanno firmato accordo con la Regione Umbria. Questa non è una critica per la validità del format ma io credo nella coerenza e la nostra è una situazione un po’ differente.

Noi abbiamo attivato anche l’anno scorso una campagna ma ha portato in cassa sempre cifre molto piccole perché ci manca l’eco mediatico. A questo aggiungo che oggi come oggi, dopo aver sganciato la ‘bomba’ della cancellazione dell’edizione 2015 del PSPF abbiamo notato un gran movimento della rete e sono sicuro che se attivassimo il crowdfunding ora raggiungeremmo di certo la cifra che ci serve. Però non sarebbe coerente con la nostra scelta di abbandonare un’edizione del festival. Quello che vogliamo fare noi non è chiedere ancora uno sforzo alla gente per riuscire a realizzare l’edizione 2015 ma smuovere la classe dirigenziale  che a nostro parere dovrebbe sostenere iniziative che portano loro prestigio.

L’anno scorso abbiamo fatto un festival con numeri importanti rispetto a cifre investite ridicole. Si parla di meno 20 mila euro. Però credo che ci sono cose che devono essere fatte da una classe politica perchè se 3 mila persone arrivano in una città, pagano il biglietto, dormono, mangiano… c’è un indotto, c’è una restituzione alla città e alla Regione. Ci deve essere contropartita da parte delle istituzioni perché il pubblico lo puoi coinvolgere in una raccolta fondi e forse sì salvi un’edizione ma questa non è la soluzione”.

 

Dopo la notizia della cancellazione dell’edizione 2015 qualcuno a livello di amministrazione si è fatto sentire?

“C’è stato un certo movimento politico che si è fatto avanti, poi ci sono stati tanti commenti e anche idee. Tra queste sono arrivate alcune proposte per portare fuori da Perugia il festival. Noi abbiamo una rete a livello europeo enorme, collegamenti molto importanti a livello internazionale, e se le cose non prenderanno la direzione giusta con molta probabilità non nascondo che valuteremo anche questa opzione di far uscire da Perugia la manifestazione”.

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