SALSOMAGGIORE. Vivere e proporre la fotografia. Frame Foto Festival , il festival della fotografia di Salsomaggiore, torna nel week end del 26 e 27 settembre per proporre a professionisti ed appassionati un fine settimana ricco di nomi importanti del panorama della fotografia d’autore. La manifestazione avrà come sede il Palazzo dei Congressi, dove verrano ospitate 11 mostre (sotto la direzione artistica di Cecilia Pratizzoli), incontri, videoproiezioni, letture portfolio, laboratori creativi per bambini, fotomercato e, nella sua prima edizione, il “Premio Voglino”, istituito in memoria di Alessandro Voglino, professionista e appassionato del settore. Ad accompagnare gli eventi fotografici concerti, musica dal vivo e degustazioni.

 

LE MOSTRE

 

Jan 2013, Rawabi, 20 km from Ramallah. A family in visit at the showroom of the biggest new planned city in the West Bank is watching  3D movie, simulating the future life of the city.  Aimed to host 25 000 residents at first and 40 000 in the future, the project is developed by  a joined Palestinian - Qatari real estate company.
Jan 2013, Rawabi, 20 km from Ramallah. A family in visit at the showroom of the biggest new planned city in the West Bank is watching 3D movie, simulating the future life of the city. Aimed to host 25 000 residents at first and 40 000 in the future, the project is developed by a joined Palestinian – Qatari real estate company.

 

Andrea  e Magda , “Palestinian Dream”

L’ emergere del liberalismo economico in Palestina, favorito della comunità internazionale, sta  trasformando drasticamente l’economia e la società locale. Nonostante la Palestina sia stata riconosciuta come membro osservatore dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la nomina resta puramente simbolica,. Il paese non controlla nè i suoi confini nè le sue risorse, e rimane tutt’oggi sotto occupazione militare israeliana. L’ex premier Salam Fayyad (su raccomandazione del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, e dei finanziatori occidentali) ha incentivato un’economia fortemente liberale nella speranza che ciò  portasse naturalmente alla nascita di un autentico stato. Questo atteggiamento economico ha incontrato un ampio consenso nell’élite benestante palestinese, oltre che nella comunità internazionale. La società e il paese stesso si stanno trasformando, e con loro le principali città: Ramallah, Betlemme, Nablus. Di giorno in giorno, nuovi centri commerciali, banche, compagnie assicurative, outlet, fast food e hotel di lusso vedono la luce. Mentre la classe media palestinese si immerge con entusiasmo nel consumismo di massa, l’economia reale dei territori resta una delle più dipendenti al mondo. Nel frattempo, la “pace economica” promossa da Israele porta come conseguenza ad un controllo totale da parte dello stato ebraico sullo sviluppo economico palestinese. “Palestinian Dream” mette in discussione il miraggio di questa nuova realtà.

 

 

Ethiopia, Awash, near Amibara and the Aledeghi natural reserve. The planting of sugar cane cuttings. This area is included in the government-owned Metahara Sugar Factory's 20 thousand hectare expansion plan, aimed at boosting sugar and biofuel production.
Ethiopia, Awash, near Amibara and the Aledeghi natural reserve. The planting of sugar cane cuttings. This area is included in the government-owned Metahara Sugar Factory’s 20 thousand hectare expansion plan, aimed at boosting sugar and biofuel production.

 

Alfredo Bini , “Land Grabbing or Land to Investors”

Il land grabbing nacque in seguito alla crisi alimentare del 2007 e al conseguente rialzo dei prezzi delle materie prime agricole che fece iniziare la corsa alle terre coltivabili. Il fenomeno si contraddistingue per non avere il consenso della popolazione locale, in violazione dei diritti umani e in mancanza di un adeguato studio dell’impatto socio-ambientale dell’investimento. In ogni continente eccetto l’Antartide è possibile imbattersi nel Land Grabbbing, e nonostante la terra coltivabile sia stata da sempre usata come forma di controllo sociale, questa è la prima volta dalla fine del colonialismo che gli stati sovrani e le istituzioni governative dei paesi sviluppati promuovono una simile pratica. La scelta di svolgere questa ricerca in Etiopia è stata naturale: è discutibile l’eticità di trarre profitto da prodotti coltivati in un paese mentre i suoi abitanti muoiono di fame. Alfredo Bini su questo tema ha realizzato un importante lavoro fotografico e un video.

 

KURT CAVIEZEL_The Encyclopaedia of Kurt Caviezel
KURT CAVIEZEL_The Encyclopaedia of Kurt Caviezel

 

Kurt Caviezel , “The Encyclopaedia of Kurt Caviezel”

For the past 15 years, from his studio in Zurich, Kurt Caviezel has been monitoring 15,000 publicly accessible webcams located all over the world. By taking screenshots of any situation he found interesting he compiled an archive of more than 3 million images, categorizing them for recurring patterns and subjects. This encyclopedia is comprised of a small part of his archive. The dust jacket of the book contains all 15,000 web-links used by Kurt Caviezel to create this body of work.

From the foreword by Joachim Schmid:
“Through years of camera surveillance, the artist has compiled a virtually unreal amount of images, which have all been harvested from webcams. The quantity of images is of crucial importance here, because quantity (as is the case with many collections of things) at some point turns into quality. Only abundance enables the detection of recurring patterns. May the single image be just funny or banal or vacuous, in a series of similar ones it becomes a building block of knowledge. By sequencing kindred images, Caviezel makes order emerge from the torrent of images.

His typological arrays structure events in front of the camera. Patterns start looming in the continuous, amorphous stream of single images, in the events before a single camera as much as in those before multiple cameras, which are operated independently and no one had thought of bringing together. No camera operator had ever intended something like this. For that, creatures of a different intelligence were required.

Every webcam was installed based on an idea, following an intention; and some cameras even serve a purpose. But all those ideas, intentions and purposes become secondary once one takes a look at the synopsis of all the images produced. Carefully selected and arranged, the encyclopedia of automated vision unveils the unforeseen visual surplus drawn by Caviezel from the endless stream of images, which constantly emerge and immediately vanish.”

 

Inge Schoenthal Feltrinell © Inge Schoenthal Feltrinelli / GraziaNeri
Inge Schoenthal Feltrinell © Inge Schoenthal Feltrinelli / GraziaNeri

 

Inge Schoenthal Feltrinelli , “IngeFotoreporter”

Una pregiata collezione di ritratti di alcuni tra i più importanti e significativi personaggi del Novecento scattati negli anni ’50 dalla giovane fotoreporter tedesca Inge Schoenthal, diventata successivamente Inge Feltrinelli e dal ’72 al timone di una delle maggiori case editrici europee. Una serie di indimenticabili immagini che raccontano la passione di una giovane ragazza verso il mondo, la vita e i grandi personaggi che ha avvicinato: Ernest Hemingway, Pablo Picasso, Marc Chagall, Cecil Beaton, Billy Wilder, Anna Magnani, Simone de Beauvoir e molti altri. Una mostra che, editata per la Galleria Grazia Neri e lì esposta per la prima volta nel 2000, ha segnato la felice riscoperta di uno straordinario archivio fotografico di grande valore storico e documentario. La mostra ha avuto lunga vita con almeno un centinaio di tappe in città italiane ed estere tra le quali Bologna, Roma, Verona, Berlino, Goetthingen, Mosca, Lucerna. La mostra è corredata dal catalogo IngeFotoreporter,Feltrinelli, 2000 a cura di Grazia Neri, Elena Ceratti e Paola Riccardi, dal volume Inge Feltrinelli Mit Fotos die Welt eroben | Alla scoperta del mondo con le fotografie,Steidl 2013. dal DVD Inge Film, lunga intervista a Inge Feltrinelli raccolta da Simonetta Fiori per la regia di Luca Scarzella, film prodotto da Carlo Feltrinelli da un’idea di Giulia Maldifassi.

 

GEORGE GEORGIOU_Last Stop
GEORGE GEORGIOU_Last Stop

 

George Georgiu , “Last Stop”

Nel 2008 George Georgiou torna a Londra, dopo nove anni trascorsi in Europa orientale, e si accorge subito del cambiamento che ha avuto luogo in città e della velocità nel quale è avvenuto. Last stop è un progetto che vuole documentare la città, i suoi movimenti e le migrazioni, il suo paesaggio e l’architettura, la sua diversità e l’energia. Georgiou vuole capire come tante persone provenienti da tutto il mondo riescono a condividere lo stesso spazio. L’autobus a due piani gli permette di inquadrare la città. Il livello più basso è molto vicino alla strada, dove è quasi possibile toccare le persone. Il ponte superiore gli dà la distanza per catturare gli strati del paesaggio urbano. Tra queste due posizioni tutto si sposta, con il movimento del bus. Il fotografo è affascinato dal modo in cui le persone usano lo spazio pubblico in una grande città, dal senso di invisibilità condiviso. Egli, sedendosi dietro il finestrino, diventa invisibile. L’essenza del progetto è che si può percorrere lo stesso itinerario ogni giorno, ma ciò che si vede per strada è un flusso di natura casuale.

 

 

Fausto Giaccone isola.Wight.1970 001
Fausto Giaccone isola.Wight.1970 001

 

Fausto Giaccone , “Isola di Wight”

Dal 26 al 31 agosto del 1970 si tenne il Festival dell’isola di Wight. Quello del ’70  fu l’ultimo di tre consecutivi concerti che erano stati organizzati tra il 1968 e il 1970. E’ stato considerato come il più grande evento musicale del suo tempo. Gli organizzatori stimolati da Woodstock volevano produrre uno spettacolo leggendario. Il concerto era in un posto bellissimo, ma i comportamenti anticonformisti dei giovani, il loro numero, la difficoltà di raggiungere l’isola e la pessima organizzazione produssero una prevedibile ostilità contro il Festival e nel 1971 il Parlamento inglese votò “l’Isle of Wight Act” che vietò sull’isola gli spettacoli con di più di 5mila persone. Fu il penultimo ultimo concerto di Jimi Hendrix (che morì il 18 settembre a Londra) e l’ultimo concerto in Europa dei Doors con Jim Morrison (che morì il 3 luglio 1971 a Parigi). L’aria che si respirava all’Isola non era quella del precedente concerto americano e l’Europa aveva tradotto la cultura hippie cercandone uno sfruttamento commerciale. Nascosti tra il pubblico assistettero all’esibizione di Bob Dylan anche alcuni membri dei Beatles: John Lennon, George Harrison e Ringo Starr.

 

SARA-MUNARI_Place-Planner-Project
SARA-MUNARI_Place-Planner-Project

 

Sara Munari , “PPP, Place Planner Project”

Camminando nelle diverse città e nei paesi in Israele e Palestina, potete entrare in universi completamente diversi tra loro a distanza di pochi passi. In nessun altro posto al mondo ho visto una popolazione tanto variegata e messaggera delle proprie tradizioni, nell’arco di così poco spazio. Ognuno di questi microcosmi culturali costituisce un’esperienza di vita completamente diversa. Proprio sulla definizione dello spazio si è concentrata la mia ricerca fotografica. Non sono in grado e non sono voluta entrare nel merito politico e religioso. La mia è solo una considerazione sugli spazi vitali di ogni singola persona. Lo spazio vitale è lo spazio solitamente simbolico, entro il quale la persona vive la sua vita, sceglie come comportarsi e quali scelte fare. Tutto ciò che riguarda la sua identità si rivolge all’interno di questo spazio. Lo spazio vitale è il confine da non oltrepassare per evitare di invadere la libertà altrui. Durante il mio viaggio ho fortemente percepito l’intrecciarsi di questi spazi, nonostante le linee immaginarie e fisiche che effettivamente  dividono la superficie di questo territorio. Sulle fotografie non ci sono didascalie, è voluto ed è legato al fatto che la mia percezione degli spazi vitali, fosse uguale su tutto il territorio. Anno esecuzione 2013.

 

Graziano Panfili Alienazione
Graziano Panfili Alienazione

 

Graziano Panfili , “ALIENazione”

Quante volte abbiamo desiderato cambiare vita, lavoro, città… La sensazione di vivere secondo coordinate tracciate da circostanze non sempre modificabili, in un modo che – pur nella sua apparente familiarità – diventa improvvisamente estraneo, alieno e dove lo spazio per coltivare i sogni è custodito nella prosa della quotidianità, diventa in questi scatti poesia del sogno possibile. Nell’angolo di mondo che è stato assegnato ad ogni individuo, è possibile ancora salire a bordo di un razzo immaginario e, con sembianze quasi inumane, andare incontro al sogno personale. Questo lavoro è stato concepito come una ricerca sulle aspirazioni delle persone comuni che vivono una vita diversa da quella che hanno sempre sognato: il geometra che sogna di fare il fotografo, la maschera che lavora nel cinema che avrebbe voluto diventare un attore famoso, l’impiegata dell’ufficio postale aspirante scrittrice…

Ciascuno di noi si crede “uno”, ma non è vero: è “tanti” (Luigi Pirandello)

Graziano Panfili ce l’ha fatta e il suo lavoro è una portata speciale che lascia il sapore di qualcosa che forse ognuno di noi vorrebbe dire, ma non sa come. Lui ha usato il linguaggio che conosce, quello delle immagini. Ha raccolto le esperienze di persone che si sentono estranee al percorso troppo vincolante della propria vita. Viaggiando per mezza Italia ha raggiunto Michelangelo, Omar, Silvia e tanti altri costretti in un orto dalle pareti troppo alte, ma ancora in grado di immaginare un volo. Fin sulla luna, magari. Li vediamo compresi nella fissità delle loro aspirazioni, saldamente ancorati agli orizzonti limitati del luogo alieno in cui l’esistenza li ha confinati. Però quella tuta aerospaziale, le luci marziane dello scafandro, la determinazione con la quale guardano l’obiettivo indagatore, sono espressione di energia potenziale, catarsi di una via di fuga. Ognuno di loro porta il segno di un incantesimo venuto a patti con la realtà, la più inverosimile di tutte le astrazioni. L’autore ha cercato i suoi soggetti attraverso la grande rete dei contatti: Facebook. Quello inseguito era un preciso profilo: persone che sentissero lo strappo tra vissuto e desiderio, gente concreta disposta a mettersi in gioco per inseguire una vocazione, che sentisse l’impellente necessità espressiva della propria realizzazione umana e professionale. L’idea di questo viaggio, irto di pericoli e delusioni, è fin dall’inizio ben chiara nell’idea dell’autore; egli sceglie una divisa per i suoi personaggi, in modo da accumunare le diverse personalità: la tuta aerospaziale rende tutti ugualmente pronti al grande salto verso la propria aspirazione. Il grande casco – come l’avrà trovato resterà nella leggenda – illuminato internamente, è la sfera di contenimento delle idee ma è anche espediente tecnico che risolve la visibilità del volto nelle condizioni di scatto più sfavorevoli. Genera, inoltre, un efficace effetto di straniamento, artificio che evidenzia la lontananza dal quotidiano, il disagio.

 

GIOVANNI PRESUTTI_Contemporanea
GIOVANNI PRESUTTI_Contemporanea

 

Giovanni Presutti , “Contemporanea”

Durante gli ultimi anni ho ricercato metodicamente e fotografato i più importanti edifici nelle principali città europee focalizzando la mia attenzione soprattutto sulle opere costruite nell’ultimo decennio. Due sono gli aspetti che accomunano la maggior parte di essi. In primo luogo l’imponenza, la spettacolarità e la dedizione all’estetica.
Appare evidente come, parallelamente ad una società contemporanea sempre più rivolta a prendersi cura della esteriorità, i “manufatti” della stessa, anche
i più complessi, seguano lo stesso percorso. 
In secondo luogo la uniformità stilistica e progettuale. In ogni paese 
troviamo idee e materiali simili, molto spesso non legati alla tradizione 
locale, tanto che non sarebbe facile, se non lo si sapesse, contestualizzare
un edificio in un determinata nazione invece che in un’altra. Ho costruito il mio progetto intorno a questi aspetti, sublimando nei miei soggetti le loro comuni peculiarità estetiche, lavorando con le linee, i materiali e i riflessi, giocando con le diverse prospettive ho cercato in essi la purezza delle forme astraendo le stesse fino a scoprire un unico contesto rappresentativo della nostra epoca.

 

Bruno Zorzal . Lager
Bruno Zorzal . Lager

Bruno Zorzal , “Lager”

 

Le fotografie di Lager sono state fatte in situazioni di vita quotidiana utilizzando l’apparecchio fotografico dell’onnipresente telefono cellulare. Inoltre, piuttosto che puntare il dispositivo mobile verso la realtà, il fotografo ha scelto di reagire (e fotografare) altre immagini, queste cose che compongono la realtà. Nessuno sguardo o parola sono stati scambiati con le persone rappresentate. Nessun paesaggio oltre che le foto, i video, i testi stessi, è stato visto. Eppure li vediamo qui rappresentati. E per quello che fanno vedere queste immagini d’immagini riescono a provocarci. In questo modo piuttosto che un’investigazione sugli spazi fisici delle realtà urbane, il fotografo immerge negli spazi simbolici creati dall’immensa profusione d’immagini di ogni genere che circonda l’essere dei nostri giorni. In questo modo, per quello che rappresentano, sia per la maniera per la quale sono state fate sia per quello che mostrano, queste fotografie possono essere viste come un’investigazione sul corpo, questo spazio intimo e, di modo più universale, sulla condizione del corpo umano stessi nei confronti degli spazi urbani, ma anche burocratici, politici, etc. delle grande città.

 

 

Concerto dei Beatles (Milano, 1965)
Concerto dei Beatles (Milano, 1965)

 

BEATLES A MILANO 
Archivi Farabola

Unico documento storico: un servizio fotografico realizzato la mattina del 24 con degli scatti posati di Lennon, McCartney, Harrison e Starr sulla terrazza dell’Hotel Duomo (con le guglie di marmo bianco sullo sfondo) e una manciata di foto del concerto pomeridiano al Vigorelli. Era il pomeriggio del 24 di giugno quando i quattro di Liverpool salirono sul palco allestito all’interno del velodromo Vigorelli di Milano per la prima di 8 esibizioni che si tennero a Milano, Genova e Roma. L’Italia accolse con un calore tutto sommato contenuto la band britannica, e di quel primo giorno di tournée restano pochissime testimonianze perlopiù «orali». Una mostra di fotografie dei Beatles realizzate nel giugno 1965, cinquant’anni fa, prima e durante uno dei due concerti che il gruppo tenne a Milano. Le foto, realizzate dai fotografi degli Archivi Farabola, mostrano i Beatles in conferenza stampa sulla terrazza dell’Hotel Duomo la mattina del 24 giugno 1965 e poche ore dopo sul palco del Velodromo Vigorelli per il loro concerto pomeridiano, e sono tra le pochissime foto “professionali” realizzate ai Beatles in occasione del loro tour in Italia, che dopo Milano toccò Genova e Roma. Tutti gli scatti sono relativi alla conferenza stampa del 24 mattina e al concerto pomeridiano del Vigorelli, e sono le uniche testimonianze «professionali» del rapido passaggio milanese dei Beatles. «Purtroppo – ha concluso Zanetti – non esistono foto del concerto serale al Vigorelli e neppure delle altre esibizioni di Genova e Roma». Davvero un peccato considerato che i Fab four non torneranno più a suonare in Italia e nell’agosto dell’anno successivo chiuderanno definitivamente con l’attività dal vivo.

 

frame

LETTURE PORTFOLIO

Il Festival, giunto alla sua quarta edizione introduce da quest’anno nel programma le letture portfolio,

un’importante occasione di confronto e di crescita per tutti i fotografi che durante il festival possono partecipare

con progetti personali e ricevere suggerimenti e consigli da professionisti del mondo della fotografia.

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I lettori portfolio:

Roberto Alfano , docente e fondatore di Spazio Labo’

Maurizio Galimberti , artista e fotografo

Sara Munari , fotografa e docente presso L’Istituto Italiano di Fotografia)

Diego Orlando , fotografo e photoeditor (BURNmagazine, New York)

Alberto Prina , fondatore del Festival di Fotografia Etica di Lodi

Stefano Parrini  e Giovanni Presutti , fotografi del Collettivo “Synapsee”

Paola Riccardi , photoeditor e vicepresidente di “Fotografi senza frontiere”

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LABORATORI E FOTOMERCATO

 

 

 

FRAMEKIDS. La Valigia Artefatta  propone per Frame tre laboratori artistico-fotografici per i bambini dai 5 ai 10 anni, vero e proprio momento di sperimentazione e di gioco alla scoperta della fotografia. Un mix d’insegnamento ludico, ossia di arte spiegata appositamente perché possa essere apprezzata e compresa dai più piccoli, e di attività pratiche e manuali che consentano loro di godere del piacere di creare qualcosa di unico e speciale.

IL FOTOMERCATO. A cura di Domenico Florio, domenica 27 settembre dalle 10 alle 17 si terrà una mostra-scambio internazionale dell’antiquariato, dell’usato e del digitale fotografico. Al Fotomercato gli appassionati potranno trovare vari espositori con materiali e attrezzatura vintage e occasioni dell’usato sia per fotografia analogica che digitale. Questo è diventato uno dei massimi avvenimenti del settore con numerosi espositori che arrivano da tutta Italia, dalla Slovenia, Polonia, Austria e Germania, contando su un affezionato pubblico.

 

Per infowww.framefotofestival.com