Sedici artisti interpretano il bosco e i suoi significati

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CORREGGIO. Anche la fotografia si fa spazio tra le opere esposte aLa selva oscura” in mostra a Correggio, al Museo civico di Palazzo Principi. E lo fa con due opere di Hyena e di Manuel Felisi. Partiamo da Hyena, un poliedrico artista noto a livello nazionale e internazionale, che dagli anni Novanta lavora come freelance nei settori della moda e dello spettacolo e amplia le sue collaborazioni con alcuni tra i maggiori artisti italiani, conseguendo il Magnum Photos Masterclass sotto la guida del fotografo Patrick Zackmann e pubblicando scatti per il Corriere della Sera, Max, Trends, Must, Fotopratica e Repubblica D. Un curriculum importante in cui presto compare la sua vena esplorativa e contaminativa che lo porta, nel 2000, ad intraprendere un percorso creativo alternativo dove la fotografia non appare più pura ma integrata alle tecniche di restauro, pittura e tecniche analogiche ormai in disuso.

 

le due opere di Hyena esposte al museo
le due opere di Hyena esposte al museo

 

Ed è questa la tecnica che, tornando alla mostra correggese, si può ammirare nelle sale del museo “Il Correggio” dove sono esposte opere di sedici artisti che hanno indagato il significato di Shoah attraverso la metafora del bosco. Tra questi si inserisce il lavoro di Hyena che in mostra ha portato due differenti elaborazioni (a cui si aggiungono i disegni).

 

Hyena, senza titolo, 2010
Hyena, senza titolo, 2010

 

La prima opera è un albero piantato in un paesaggio. Un albero solo e desolato. <<Hyena fotografa solo alberi senza foglie e questa è un’opera non nuova – racconta la curatrice e storica dell’arte, Margherita Fontanesima che ho scelto nella sua produzione perché rappresentava perfettamente il tema che volevo esplorare in questa mostra. Questo albero da’ l’idea della solitudine e metaforicamente ci si può rivedere un uomo solo, isolato, in un campo di concentramento che, come l’albero, è tagliato fuori dal resto del mondo. E’ un arbusto piantumato ma decentrato – aggiunge- e la sensazione che da’ allo spettatore è quella di destabilizzazione, di un uomo al margine, dove viene svilito il significato dell’umanità>>.

 

Hyena, senza titolo,
Hyena, senza titolo,

 

L’altro albero, invece, ha le radici esposte, visibili, disotterrate. <<Le radici sono l’ancora che tengono a terra, una terra che nutre. Sollevate, fuori dalla terra, queste radici invece non si nutrono di nulla. E, tornando alla Shoah, questo albero è un po’ come l’uomo sospeso in un incubo>>.

<<Opere uniche –aggiunge la curatrice, svelando la particolarità della tecnica di Hyenadove ogni scatto viene usato una volta sola>>. Come? La prima stampa della foto viene impressa su carta e poi su una tela di lino che viene trattata con le cere utilizzate solitamente nelle opere di restauro. <<Tecniche miste – aggiunge la Fontanesi – che rendono ancora più unica l’opera perché si va oltre alla forza comunicativa della fotografia, ne toglie la riproducibilità e le attribuisce l’originalità tipica della composizione manuale>>.

Opere, quindi, che testimoniano la solitudine e lo sradicamento <<dove gli alberi – aggiunge Margherita- sono isolati in lande desolate e rappresentano l’uomo strappato alla propria terra, galleggianti in uno spazio irreale con i rami spogli e le radici esposte senza più nutrimento a cui attingere, senza supporto nel quale affondare>>.

 

Manuel Felisi, alberi vertigine
Manuel Felisi, alberi vertigine

 

Altro artista che ha utilizzato la tecnica fotografica, Manuel Felisi che a Correggio ha portato un’opera ricca e particolare: “Alberi vertigine”. <<Un’opera che – spiega la Fontanesi- lascia aperta allo spettatore l’interpretazione della sua opera: non la riveste né di speranza ne di disperazione, ma lascia chi la osserva nel mezzo della sua personale foresta, circondato di alberi tutt’intorno, a guardare verso l’alto. E’ un invito a cercare risposte dentro di sé, a contatto con la propria parte più profonda, a capire se in quel cielo si vede speranza, se in quegli alberi si avverte minaccia o protezione e soprattutto se, alla luce della storia, si riesce vedere una via d’uscita dalle selve oscure nelle quali l’uomo, per i vichiani corsi e ricorsi della storia, tende a scivolare. Fra gli alberi di Manuel Felisi galleggiano scritte che sembrano testimonianze che arrivano dal passato come moniti e che sta a noi cogliere o meno>>.

Le sue opere sono composte da strati di materiali diversi uniti seguendo sempre lo stesso ordine scientifico, come a seguire un rituale. E il tema è quello del “tempo”. 

<<E’ il tempo contemporaneo alla fruizione delle installazioni artistiche, l’attimo presente in cui ci relazioniamo a suoni, rumori, odori, colori, pensieri che l’installazione ci consente di esperire attraverso i sensi e la mente; quell’attimo unico e irripetibile nello spazio e nel tempo. Come unico e irripetibile, diverso in ognuno, è il senso di rasserenamento che la visione o la partecipazione alle opere di Felisi è in grado di trasmettere; difficile davanti alle sue opere essere pessimisti o provare tristezza, perché una qualche magica vitalità anima anche i suoi soggetti più toccanti>>.

 

la mostra a Correggio
la mostra a Correggio

 

In mostra, dicevamo, anche altri artisti (in tutto sedici) che hanno cercato ognuno di esprimere a modo proprio la metafora Shoah-bosco. Una metafora che trae origine dalla tradizione ed è legato alla memoria: si usa infatti piantare alberi, o interi boschi, per ricordare le vittime della Shoah e i “Giusti”, i non ebrei che hanno agito in modo eroico a rischio della propria vita per salvare anche un solo ebreo dal genocidio nazista.

L’albero e il bosco sono dunque metafore delle vittime dell’Olocausto, ma possono assumere anche un’accezione più vicina al concetto di “selva oscura” dantesca nella quale “la diritta via era smarrita”. Il bosco si connota in questo caso come luogo dello smarrimento dell’umanità intera di fronte a quel capitolo oscuro della Storia che è stata la “Soluzione Finale” nazista.

 

foto di gruppo con alcuni artisti, il sindaco di Correggio e la curatrice
foto di gruppo con alcuni artisti, il sindaco di Correggio e la curatrice

 

Diversi significati insomma, a cui i sedici artisti – Alessandro Bazan, Fulvio di Piazza, Kim Dorland, Manuel Felisi, Giovanni Frangi, Fabio Giampietro, Giorgio Linda, Raffaele Minotto, Luca Moscariello, Barbara Nahmad, Simone Pellegrini, Pierluigi Pusole, Tobia Ravà, Max Rohr e Hana Silberstein – hanno dato la propria risposta artistica.

 

alcune delle opere esposte
alcune delle opere esposte

 

Partner dell’iniziativa è Kkl Italia Onlus (Keren Kayemeth le Israel) che, nata nel 1901, è la più antica organizzazione ecologica del mondo. Il suo obiettivo principale è tutelare l’ambiente attraverso diverse attività fra le quali la piantumazione di alberi anche in ricordo di vittime della Shoah e di Giusti fra le Nazioni.L’iniziativa gode inoltre del patrocinio della Comunità Ebraica di Modena e Reggio Emilia e della Federazione Italia-Israele. “La selva oscura” è inserita nella piattaforma 70.auschwitz.org, realizzata dal Memorial and Museum Auschwitz-Birkenau (www.auschwitz.org) come punto di riferimento ufficiale delle celebrazioni di questo importante 70° anniversario: su di essa è stata creata la mappatura mondiale di tutti gli eventi organizzati per ricordare la liberazione del campo.

 

Quando: fino al 15 febbraio 2015

Dove: museo “Il Correggio”

Orari: il sabato dalle 15.30 alle 18.30 e la domenica dalle 10 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 18.30.

Ingresso: libero.

Info: tel. 0522 .691806, museo@comune.correggio.re.it, www.museoilcorreggio.org

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