Può sembrare curioso visitare una mostra su Martin Parr senza vedere esposta nemmeno una sua immagine, conosciuto com’è l’autore per le sue fotografie dissacranti e umoristiche.

Eppure al festival della fotografia di Arles è presente una mostra, “50 Years, 50 Books. A Selection from the Martin Parr Collection”, in cui sono raccolte parte di opere fotografiche librarie acquisite da Martin Parr nel corso della sua carriera fotografica – con una archivio di 12mila libri in complessivo – fino ad oggi.

Con una selezione di un libro fotografico – naturalmente – per ogni anno dal 1969 al 2018.

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La mostra di Martin Parr © terry peterle

L’importanza del fotolibro

L’autore è un appassionato difensore dei libri, come abbiamo avuto modo di scoprire dallo stesso Parr presente alla visita guidata della sua mostra.

Parr ha infatti spiegato l’impatto che questi libri hanno avuto sulla società, come il fotolibro abbia condizionato la cultura fotografica e su come sia un mezzo di grande importanza, nonostante la società digitale di cui facciamo parte: per mezzo di un libro, è il linguaggio contemporaneo e sperimentale della fotografia a rendere significativa questa arte visiva.

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martin parr ad Arles © terry peterle

50 Years, 50 Books

La mostra è un progetto di Les Recontres curato da Matthieu Humery, Sarah Allen, Yasufumi Nakamori – ideato insieme alla Fondazione Luma e alla Tate Modern, che ha acquistato la collezione e mette insieme un vasto e prezioso quadro di artisti che hanno segnato la fotografia.

Questa selezione è l’unione della prospettiva di Martin Parr e di ciascuno dei curatori, oltre che la visione multidisciplinare della fotografia del festival.

Costruendo questa mostra – ha detto Parr – abbiamo capito quanto interessante ed importante sia sia stato il libro fotografico in questi decenni per la cultura della fotografia. E‘ stato questo il motivo fondamentale che ci ha portati, assieme al mio collega Gerry Badger, a dare vita a questo percorso: ad una mostra di fotografia“.

Oggi – continua Parr – è molto usuale creare il libro fotografico che non solo lascia un documento d’archivio ma tiene in vita la mostra, nonché il progetto fotografico descrivendo l’essenzialità del lavoro dell’autore in quel momento: ci dà una visuale anche del momento storico e della società. Il fotolibro è spesso una testimonianza preziosa: il numero di copie decise, aumentano non solo l’autorevolezza ma anche la rarità del pezzo disponibile sul mercato”.

Il punto di partenza di questa mostra?

Il libro del 1969 di Shomei Tomatsu, OO! Shinjuku, Shaken, che ha aperto alla narrazione fotografica e che documenta il caos di Shinjuku – un particolare quartiere di Tokyo – alla fine degli anni Sessanta, tra cui le manifestazioni anti-vietnam.

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La mostra di Martin Parr © terry peterle

I libri che tutti dovremmo avere nelle nostre librerie personali

Ma quali sono i libri più cari a Parr? Quali hanno segnato la storia della fotografia? Quali libri dovremmo avere nelle nostre biblioteche?

1.Bernhard un Hilla Becher

Un libro presente in mostra e che per lui ha sicuramente ha segnato la storia della fotografia è Anonyme Skulpyuren di Bernhard un Hilla Becher del 1972.

Fotografi concettuali e promotori della Scuola di Düsseldorf e poi riconosciuti a livello internazionali come Scuola di Becher che hanno accostato la fotografia documentaristica all’arte, per più di quarant’anni dando vita alla fotografia archeologica.

Quando abbiamo cercato di scegliere un libro fotografico che rappresentasse l’architettura – ha detto Parr – non potevano tralasciare Bernhard e Hilla Becher, che in questo capolavoro sono stati d’ispirazione, nel corso degli anni, ad architetti e soprattutto designer, scrivendo un importante capitolo della storia della fotografia”.

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© terry peterle

2.Don McCullin

Ancora, del 1971 The Destruction Business di Don McCullin – volume che puoi trovare qui – uno degli esempi su tutti per fotogiornalismo umanista, un osservatore impegnato e appassionato che nel libro racconta conflitti, guerre, espropriati della guerra del Vietnam, di Biafra, di Cipro, degli Stati Uniti e dell’Europa.

3.Diane Arbus

Un libro che per Parr ogni appassionato dovrebbe avere è di Diane Arbus. In particolare, Diane Arbus. An Aperture Monograph del 1972.

Chi non conosce Diane Arbus? Una fotografa che ha dato giustizia ai suoi soggetti così particolari, ai margini della società e con pose sicuramente anticonvenzionali per il tempo, i suoi freak. E’ un capolavoro e ancora oggi ci fa riflettere su cosa consideriamo noi diverso, accettabile dentro la nostra visione del mondo e la società. Questo libro e questa fotografa sono stati d’ispirazione sicuramente ad un nuovo modo di interpretare il ritratto aprendoci ad una nuova percezione”.

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© terry peterle

4.Carol Jerrems, Barbara Brandli, Lee Freelander

Ci sono poi A Book. About Australian Women di Carol Jerrems del 1974, l’unico libro di questa fotografa scomparsa a soli trent’ann e Sistema Nervioso della fotografa svizzera Barbara Brandli del 1975, un ritratto pop della città di Caracas.

E poi: Seifollah Samadian’s photobook A Visual Narrative of Revolution, Tehran del 1979: il racconto per immagini della rivoluzione in Iran ed il conseguente conflitto in Iraq.

The American Monument di Lee Freelander del 1976, un raro esemplare visto che è stato per molto tempo una delle opere fotografiche più richieste.

5.Richard Avedon, Nan Goldin, Susan Meiselas, Cindy Sherman

Tra i “difficilmente introvabili” c’è Richard Avedon con In the American West del 1985; The Ballad of Sexual Dependency di Nan Goldin prima pubblicazione del 1986, una pioniera del esposizione per immagini di un argomento difficile quale la dipendenza affettiva che l’ha portata in poco tempo a conquistare l’arte visiva in tutto il mondo.

Un altro volume importantissimo presente nella bibliografia di Parr è Nicaragua di Susan Meiselas del 1980; di una certa rarità anche Cindy Sherman con Untitled Film Stills del 1990 e Larry Sultan con Pictures from Home del 1992.

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© terry peterle

6.Wolfgang Tillmans

Martin Parr include in questa selezione anche Soldiers The Nineties di Wolfgang Tillmans del 1999.

Tillmans è molto conosciuto per la sua particolare visione nell’arte contemporanea e in questo volume ci domanda di riconsiderare la figura del soldato. E’ un messaggio critico per come i media ci fanno percepire questa figura contro la complessità della sua vita, su come noi vediamo i conflitti e sulla funzione che diamo alla figura del soldato”.

7.Without Sanctuary: Lynching Photography in America

Un altro libro molto importante e di una crudità sconvolgente è Without Sanctuary: Lynching Photography in America – edizione limitata a mille copie del 2000 – è il racconto brutale dell’olocausto americano, il linciaggio dei neri che va dal 1882 al 1950, omicidi raramente segnalati ma di cui i documenti sono rimasti attraverso fotografie stampate in cartoline e poi date alla folla nei vari eventi.

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© terry peterle

8.Alec Soth e Stephen Gill

Non potevano mancare poi Sleeping by the Mississippi di Alec Soth, del 2004, e Hackney Wick dell’autore inglese Stephen Gill. Quest ultimo libro, in particolare, del 2005, è il racconto di un decennio di un quartiere – Hackney Wick appunto – nella parte est di Londra.

Il cambiamento negli anni da una zona sicura per poveri, emarginati ed immigrati della città alla sua quasi distruzione da parte delle decisioni governative per il rinnovo rispetto alle I Giochi delle Olimpiadi del 2012.

9.Tim Hetherington

Un libro su cui si sofferma Parr è Infidel di Tim Hetherington – membro Magnum – del 2010 “perché questo libro è così significativo?” afferma Parr “perché è l’esperienza della guerra vissuta su angolazioni molto personali: è soggettiva, è una connessione diversa alla guerra, è dare vita ad un modo di vivere in quella situazione. E’ un libro commovente ma costruito con un delicato umorismo”.

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© terry peterle

10.Mathieu Asselin, Laura El-Tantaw, Zanele Muholi

Tra i recentissimi, in questa selezione è stato inserito Monsanto. A Photographic Investigation di Mathieu Asselin (2016). Il racconto focalizzato sulle note attività lecite e soprattutto non, della multinazionale Monsanto.

Beyond here is nothing, del 2017, è il racconto interiore della fotografa Laura El-Tantaw.

La mostra si conclude con l’opera fotografica dell’autrice africana – e importante attivista visiva – Zanele Muholi. Il suo libro è Somnyama Ngonyama, Hail the Dark Lioness del 2018: oltre novanta autoritratti della fotografa che la descrivono in varie ambientazioni.

E’ un viaggio dell’immagine di sè, l’opportunità per una donna di colore di conquistarsi il suo spazio nella società globale e complessa dei nostri tempi.