Noi Animali. We Animals”, per l’edizione italiana curata da Safarà Editore, è il potentissimo lavoro della pluripremiata fotografa canadese Jo-Anne McArthur. Le immagini scattate dall’autrice sono le innumerevoli storie di prevaricazione, sfruttamento e crudeltà commesse nei modi più meschini da parte dell’uomo a danno di animali di molte specie. Le sottili provocazioni della McArthur passano attraverso gli sguardi sofferenti e rassegnati di queste meravigliose creature ma anche concrete esperienze di salvataggio. Il saggio della McArthur è molto chiaro: smitizza luoghi comuni e fornisce nuove informazioni su ogni storia, commuovendo e sconcertando allo stesso tempo.

In occasione del tour mondiale dell’autrice e dell’incontro tenutosi al convento San Francesco per Pordenonelegge 2015, l’abbiamo intervistata. Ecco cosa ha raccontato a The Mammoth’s Reflex.it 

 

Jo Anne McArthur ospite a PordenoneLegge
Jo Anne McArthur ospite a PordenoneLegge

 

TERRY PETERLE: Cosa significa “We Animals” e cosa ti ha spinto ad affrontare questo difficile argomento?

 

JO-ANNE McARTHUR.“We Animals” significa che tutti noi siamo animali e, che lo abbiamo dimenticato: ci vediamo parte di una struttura gerarchica e ci poniamo al livello superiore. Siamo in realtà animali, senzienti, vale a dire capaci di provare ogni tipo di emozione, dalla felicità alla curiosità, dalla rabbia alla sofferenza, e tutte le altre complesse emozioni che fanno parte del genere animale.

Ho iniziato questo progetto vedendo che molti fotografavano animali domestici e animali carismatici, come le tigri e gli elefanti: ci sono poi, tutti quei animali che chiamo invisibili come i maiali, le mucche, le galline e tutti quelli che vengono usati nei laboratori di ricerca. Quotidianamente usiamo molti animali, ma noi realmente non li vediamo. Ho voluto documentare la vita di questi animali, così possiamo vedere, capire, imparare e forse fare delle scelte più compassionevoli.

 

We Animals © JMcArthur
We Animals © JMcArthur

 

T: La fotografia trasferisce un messaggio, nel tuo caso la segregazione e lo sfruttamento degli animali. Secondo te, dopo un lavoro così penetrante, la fotografia è uno strumento di denuncia nei confronti di quanto hai fotografato? E se sì, ci sono stati dei cambiamenti concreti dopo la pubblicazione di queste storie?

J-A: Per me la fotografia è uno strumento molto utile poiché le persone entrano immediatamente in connessione rispetto a ciò che vedono. Ed è questo il motivo per cui è diventata veicolo importante nei social media. Ha assunto un ruolo rilevante, anche nei mutamenti della società: le immagini muovono le masse, come la recente immagine del povero bambino siriano sulla spiaggia; riunisce le persone che si organizzano per migliorare delle situazioni.

Rispetto a “We Animals” il cambiamento lo vedo tutti i giorni: le persone mi contattano da tutto il mondo dicendo di aver visto le immagini o il film “The ghost in our machine”. Mi dicono che hanno deciso di intraprendere dei cambiamenti attraverso l’esperienza del mio lavoro. Non potrei fare questo lavoro se non sapessi di poter creare anche piccoli mutamenti nelle persone perché è una documentazione emotivamente molto forte e deprimente.

 

T: Puoi farci qualche esempio in questo senso? 

J-A: Ad esempio, nel libro racconto la storia di alcuni allevamenti di Macachi nel sud est asiatico. Abbiamo avuto accesso solo stando sotto copertura, facendo credere di avere un’altro fine. Ci hanno aperto i cancelli di ben tre allevamenti. L’utilizzo è quello da cavie per test da laboratorio: il Macaco è uno degli animali più commercializzati a questo fine. Ecco, dopo questa documentazione e denuncia, sono stati chiusi due allevamenti su tre e per me è una grande vittoria. E questo è il motivo per cui mi sono affiancata a molte organizzazioni attiviste importanti nel mondo per gli animali, perché da sola non potevo pretendere di ottenere dei concreti cambiamenti, non ne ho il potere.

 

 

We Animals © JMcArthur
We Animals © JMcArthur

 

T: Perché la maggior parte delle fotografie del progetto sono a colori?

J-A: E’ solo una scelta personale. All’inizio scattavo in analogico e ho fatto molte immagini in bianco e nero, che sono presenti anche nel libro, poi con l’adozione del digitale scatto per lo più a colori, così posso scegliere di convertirle in bianco e nero.

T: Durante la documentazione, come sei riuscita a mantenere le distanze emotive?

J-A: L’argomento è molto complesso e la mia preparazione emotiva richiede molto tempo: combino tutti i pezzi di cui ho bisogno, inclusa la capacità economica nell’affrontarlo. A volte, ci ho messo mesi per sentirmi pronta per certe storie. Quando vado a fotografare non posso assolutamente essere irritata o agitata. Che siano 45 minuti o 6 ore, non posso permettermi di farmi coinvolgere da emozioni incontrollabili. Poiché documento da molti anni mi sono costruita dei forti e salutari confini e ho acquisito una forte capacità di non farmi compromettere mentre scatto, per amore della mia professionalità e della mia persona.

 

We Animals © JMcArthur
We Animals © JMcArthur

 

T: Durante questi reportage, e nel momento in cui ti sei trovata a documentare, hai incontrato qualche ostacolo? Sei stata minacciata o ricattata?

J-A: Sì, in qualche caso mi è successo. Ho scelto di documentare ciò che subiscono gli animali ma molti non vogliono passare per soggetti maltrattanti e tantomeno darmi la possibilità di documentare la loro incoerenza. Mi è capitato di ricevere lettere piene di rabbia ma mi ritengo una persona molto fortunata perché non sono mai stata coinvolta in situazioni di violenza, anche se passo alcuni giorni nel pericolo di poter subire queste situazioni. E’ il prezzo che sono disposta a pagare e questa possibilità non mi ferma.

 

T:  Qual’è l’immagine che appartiene in modo speciale al tuo cuore? Ci puoi dire il perché?

J-A: Per me una delle immagini più importanti e più forti è quella che nel libro potete trovare nel capitolo degli animali come Cibo. E’ scattata in un piccolo mattatoio in Spagna. Il soggetto è un coniglio, con dietro un macellaio nell’intento di sgozzare. Questa creatura in primo piano, mi sta guardando dritto negli occhi con le orecchie abbassate, mentre dietro di lui si compie l’uccisione di molti altri conigli. E’ una di quelle immagini che non necessita di essere spiegata, perché è chiaro che si vede tutta la vita del coniglio: noi lo guardiamo negli occhi, e lui nel contempo ci guarda, con l’interrogativo che è di tutti gli animali nella medesima situazione: qual’è il mio destino? Che cosa mi aspetta dopo?

 

 

We Animals © JMcArthur
We Animals © JMcArthur

 

 

T:  Oggi come vivi dopo aver affrontato questo progetto?

J-A: E’ tutta la vita che seguo questo progetto. Inizialmente è stata solo curiosità poi, man mano che mi ci addentravo, per me è diventata una forte motivazione per cercare di cambiare certe situazioni. E’ diventato il mio modo di essere, una responsabilità che ho deciso di indossare 24h al giorno. Ho acquisito molte conoscenze e strumenti interiori per continuare a sentirmi spronata a percorrere questa strada.

 

T:  Hai modificato anche il tuo stile di vita?

J-A: E’ da tredici anni che sono vegana e ho scelto di esserlo per dare valore alla vita degli animali e non considerarli più oggetti. E’ questo quello che cerco di fare con il mio lavoro, cerco di spingere le persone a dare un’occhio alla vita della moltitudine di animali che vivono assieme a noi questo mondo. C’è un aforisma, amorevole e semplice, che ho letto e interiorizzato dentro di me da un santuario australiano, che cerco sempre di condividere con tutti, che così dice: “Se possiamo vivere una vita sana e felice, senza far soffrire gli altri, perché non lo facciamo?” ed è una gran bella domanda, perché la maggior parte di noi ha la capacità di diminuire sensibilmente il consumo di animali, non solo facendoli vivere ma anche diminuendo una serie di valori a catena come l’inquinamento e la quantità di acqua che l’industria produce a questo scopo.

Questo sistema industrializzato di massa rappresenta quanto di più disumano l’uomo è riuscito a fare pur di mantenere il proprio potere. Non c’è empatia. Se noi andassimo a chiedere a qualsiasi animale in procinto di essere macellato “posso mangiare la tua carne anche solo per cinque minuti?” penso che ci risponderebbe decisamente di “no, perché esisto anch’io per dare valore alla mia vita”. Gli animali cercano le esperienze sociali, come noi. Il cuore del mio lavoro è che se tornassimo indietro a consumare un numero decisamente minore di animali, il mondo sarebbe davvero diverso.

 

 

We Animals © JMcArthur
We Animals © JMcArthur

 

T: Pensi che esista un modo etico per gli umani e gli animali di convivere assieme senza che ci sia soggezione e crudeltà da parte degli umani? E se sì, pensi che esista una soluzione concreta?

J-A: Questa domanda rappresenta l’utopia, l’obiettivo finale, ma onestamente non passo più molto tempo a sognare cercando di trovare una risposta meritevole. Ormai non mi succede più di cercare una soluzione a questo. Ciò che posso fare è agire, anche nel mio piccolo, quotidianamente. Penso che una risposta, per me plausibile, è quella che potremmo iniziare a pensare di smetterla di uccidere animali, per il solo fatto che diventi cibo. Smetterla di allevare animali in fattorie, smetterla di farle esistere e cercare di pensare ad un’alternativa per quanto riguarda l’approvvigionamento per la nostra sopravvivenza. Sarebbe un passo fondamentale che l’uomo inizi a rispettare gli animali. E’ ciò che ci dice anche la Bibbia: dovremmo rispettarli e prendercene cura. Invece abbiamo creato autostrade per ucciderli in tutti i modi: dovremmo rivedere l’idea che ci siamo fatti di loro, nei loro habitat, ad esempio eliminando gli zoo.

 

We Animals © JMcArthur
We Animals © JMcArthur

 

T:  Quale sarà il tuo prossimo progetto?

J-A: Il mio prossimo progetto, che seguirò per i prossimi 5 anni, sarà un omaggio alle donne coinvolte nel salvataggio degli animali. Le donne hanno sempre condotto le battaglie per i diritti degli animali e vengono chiamate in causa per il 70-80% delle volte. Gli uomini sono quasi sempre al vertice delle organizzazioni con la maggioranza di donne facenti parti, ma non è ben noto, invece, che nelle cause di attivismo, ci sono molte donne leader. Andrò in giro per il mondo a cercare, intervistare e fotografare queste personalità, con protagonisti gli animali salvati. Il mio obiettivo è sempre quello di far conoscere queste storie per ispirare chi le conoscerà a fare scelte più compassionevoli nei confronti delle creature animali.

 

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