Officine Fotografiche Roma apre la stagione espositiva con i paesaggi del fotografo americano Douglas Beasley che, il 9 novembre, presenta Sacred Landscape, un percorso intimo che esprime i valori e la spiritualità dei luoghi sacri degli Indiani nordamericani.

L’autore, il 10 e l’11 novembre, condurrà anche un workshop, perfetto per chi desidera connettersi con il proprio io e cogliere l’essenza nella propria visione.

 

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La mostra

Il fotografo esplora gli aspetti spirituali della gente e dei luoghi e si occupa di come il sacro è riconosciuto ed espresso nella vita quotidiana.

Egli auspica che le sue fotografie agiscano come delle offerte-preghiera e sono da intendersi come punto di partenza sia per il proprio cammino spirituale o visivo che per quello dello spettatore.

Nelle immagini scelte per la mostra – presentata nel 2011 a Genova e di cui la maggior parte fatte nel Sud Dakota nei territori degli Indiani Lakota Sioux – Beasley opera la scelta precisa di cercare di trasmettere la sensazione, la spiritualità di un luogo ribaltando le aspettative di ciò che significa “vedere”.

L’immagine deve scaturire, deve crearsi dal rapporto con il soggetto: la ricerca dell’essenza, della spiritualità di quello che si ha davanti all’obiettivo.

 

 

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Se la fotografia è l’arte di riconoscere ed onorare la vita in un singolo momento, fotografando il paesaggio sacro, Beasley ha scelto di onorare gli Indiani nordamericani fotografando quanto a loro è più sacro e quanto maggiormente esprime i loro valori e la loro spiritualità.

Un paesaggio che è sacro perché vi sono vissuti gli antenati, perché è stato consegnato loro dagli antenati e soprattutto perché rappresenta gli antenati stessi” dice Maria Camilla De Palma,direttrice Castello D’Albertis, Museo delle Culture del Mondo, al quale Beasley ha donato un’istallazione di 11 opere permettendo di aprire una nuova sezione permanente del museo dedicata al paesaggio sacro nordamericano.

Questa mostra non è solo sul passato; questi luoghi sono ancora oggi considerati sacri e sono attivamente utilizzati dalle popolazioni indiane d’America per le loro cerimonie e i loro “viaggi” spirituali“.

 

 

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La maggior parte delle fotografie sono state create usando un vecchio banco ottico di legno 4”x5”, la pellicola Polaroid Tipo 55 bianco e nero, positivo/negativo in grado di fornire sia una stampa positiva che un negativo 9×11,5cm a sviluppo immediato.

Dopo lo sviluppo e l’apertura il negativo così trattato viene subito fissato in Sodio iposolfito al 18% e poi lavato. Per le altre immagini è stata usata una Hasselblad medio formato con pellicola Kodak Tri-X 400 120mm.

I negativi sono stati scansionati a tamburo e le immagini finali sono delle stampe d’archivio a getto d’inchiostro su carta da acquarello.