TORINO. Si intitola “A Je Burrneshe!” ed è una mostra che, attraverso le fotografie di Paola Favoino, racconta di quelle donne che, in osservanza al secolare Kanun in vigore nelle zone più isolate del Paese, rinnegano qualsiasi attributo di femminilità e fanno voto di castità, diventando di fatto dei maschi, per conquistarsi la libertà.

 

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bunker costruiti durante la dittatura comunista sono stati oltre 700.000. Oggi vengono adibiti agli usi più svariati: ricoveri per animali, cantine e locali notturni. Albania, 2011ph Paola Favoino

 

Le ‘vergini giurate‘, assumendo i panni di un uomo, vengono considerate come tali nella società e riconosciute dal diritto tradizionale di quei luoghi, il Kanun.

Nella società albanese di un tempo, una donna non aveva il diritto di vivere da sola. Per poterlo fare comunque, aveva in alcuni casi la possibilità di modificare il proprio status davanti alla gente del paese, sottoponendosi ad una cerimonia in presenza degli uomini più influenti del villaggio (in genere 12 uomini anziani). Durante la cerimonia, era prevista una vestizione ed il taglio di capelli. La ragazza doveva fare voto di castità.

 

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Gjin. Albania, 2011
Paola Favoino

 

Si ipotizza che la scelta di diventare burrnesh spesso fosse dettata da necessità familiari legate alla scomparsa di un capofamiglia. In mancanza di un erede maschio la necessità di non disperdere il patrimonio poteva portare alcune donne ad assumere su di sé la responsabilità del ruolo maschile proprio attraverso il giuramento di conversione. Ma le ragioni potevano essere molteplici: mancanza di figli maschi in famiglia, morte di componenti maschi in famiglia, rifiuto di un matrimonio da parte della ragazza, lesbismo non dichiarato. 

Anche se non è più praticata nei paesi di lingua albanese, vivono in quella zona ancora parecchie burrneshe anziane. Il progetto fotografico (e successivo cortometraggio) di Paola Favoino nasce in seguito ai suoi numerosi viaggi in Albania che l’hanno portata a conoscere, nel 2010, la prima burrnesh che si chiama Gjin e ha più di 80 anni. Di lei, Paola racconta: “Gjin non sembra sorpresa della mia visita, anzi mi accoglie con una grande sorriso e mi abbraccia con calore. E’ vispa e piena di energie. Alla sua età si dedica ancora alla campagna ed è il capofamiglia”. Non tutte hanno accettato di essere fotografate di tutte però Paola ricorda la storia, sempre diversa: “In alcuni casi mi ha attratto in loro la maschera, tanto pesante che ad uno sguardo attento quasi non reggeva, in altri casi la cura con cui il tempo aveva fatto coincidere la persona con il personaggio”. 

 

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ph Paola Favoino

 

Le protagoniste di questi scatti sono alcune vergini giurate che hanno compiuto questo sacrificio per ragioni diverse e che oggi vivono la loro condizione di “uomo” in modi totalmente diversi. La cosa che le accomuna è la loro solitudine perché nonostante siano rispettate come “uomini d’onore” e vivano circondate da parenti e amici, la loro scelta di libertà è costata loro cara perché il loro essere “burrneshe” le rende inesorabilmente “diverse”, sia dagli uomini che dalle donne. 

A Je Burrneshe! è il saluto che ci si rivolge ancora oggi tra donne per farsi coraggio l’una con l’altra, da qui il titolo del progetto fotografico e della mostra, nella quale sono esposti circa 15 scatti realizzati in modalità analogica a partire dal 2010 e stampati dalla stessa Favoino e la proiezione del cortometraggio per tutta la durata della mostra.

 

A Je Burrneshe! Paola Favoino 

Dove: Galleria d’Arte  Raffaella De Chirico, via Giolitti 52 / via della Rocca 19, Torino

Quando: dal 29 settembre al 29 ottobre 2016

Orari: da martedì a sabato 11.00 -19.00. In altri giorni e orari su appuntamento.

Infodechiricogalleriadarte.com