Circus Calder, tra gioco e magia

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MERANO. Dal 31 gennaio al 18 maggio 2014, Merano Arte ospita la mostra “ Ugo Mulas. Circus Calder ”. L’esposizione, curata da Valerio Dehò e organizzata in collaborazione con l’Archivio Ugo Mulas di Milano, presenterà una selezione di 36 immagini originali, scattate tra il 1963 e il 1964 dal fotografo italiano al Circus Calder, una delle opere giovanili più particolari di Alexander Calder, realizzata tra il 1926 e il 1931 e ora conservata al Whitney Museum di New York.

 

Ugo Mulas, "Alexander Calder, Circus", Sachè, 1964, Fotografia di Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas
Ugo Mulas, “Alexander Calder, Circus”, Sachè, 1964, Fotografia di Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas

 

Il Circus Calder è costituito da piccole sculture, figure umane, animaletti, costruiti con filo metallico, spago, gomma, stracci ed altri oggetti di recupero, utilizzati e messi in scena da Calder stesso per dar vita a spettacoli improvvisati. Calder decise di realizzare questi oggetti a Parigi, dove si era trasferito nel 1926, dopo aver conosciuto un produttore di giocattoli serbo e aver messo a punto i primi giochi articolati. Ogni componente era stato ideato per esser contenuto e trasportato in valigie, così da consentirgli di viaggiare e tenere spettacoli in posti diversi degli Stati Uniti, ricreando numeri ispirati a quello reale. Ugo Mulas ha fotografato queste rappresentazioni dell’amico Alexander Calder. I due si erano conosciuti nel 1962 a Spoleto, dove Mulas era stato invitato da Giovanni Carandente a ritrarre gli artisti presenti alla mostra che in occasione del Festival dei Due Mondi aveva trasformato Spoleto in “Città-museo a cielo aperto”. Questo legame ha trovato espressione nel ciclo fotografico che Mulas ha dedicato alle opere ma anche ai gesti creativi e personali dello scultore americano. Attraverso di essi, ha fornito una chiave d’interpretazione dell’opera di uno degli scultori più importanti del XX secolo. Nei suoi scatti, i pupazzi del circo diventano i veri e propri soggetti delle immagini, colti spesso in primo piano, talvolta anche da un punto di vista più distante, che rende tutta la globalità di quello che era in effetti il loro “ruolo performativo”. Come di consueto, le fotografie di Mulas non fungono da documentazione critica del lavoro di un altro creativo, ma assumono uno statuto estetico indipendente, profilandosi come opere compiute, dotate di una cifra stilistica del tutto autonoma.

 

Ugo Mulas, "Alexander Calder, Circus", 1964, Fotografia di Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas. Tutti i diritti riservati Courtesy Archivio Ugo Mulas - Galleria Lia Rumma Milano/Napoli
Ugo Mulas, “Alexander Calder, Circus”, 1964, Fotografia di Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas. Tutti i diritti riservati Courtesy Archivio Ugo Mulas – Galleria Lia Rumma Milano/Napoli

 

Ugo Mulas è una delle figure più importanti della fotografia internazionale del secondo dopoguerra. Si forma da autodidatta a contatto con l’ambiente artistico e culturale milanese dei primi anni cinquanta. Nel 1954 debutta nel fotogiornalismo pubblicando in seguito in riviste come Settimo Giorno, Rivista Pirelli, Domus, Vogue e Du. Realizza una serie di reportage in Europa con Giorgio Zampa per L’Illustrazione Italiana e inizia a collaborare con Giorgio Strehler e il Piccolo Teatro di Milano. Dal 1954 al 1972 fotografa le edizioni della Biennale di Venezia e intraprende un’intensa collaborazione con gli artisti. In quegli anni la rappresentazione del mondo dell’arte diventa il suo principale progetto. Dopo la rivelazione della Pop Art alla Biennale del 1964 Mulas decide di partire per gli Stati Uniti. Gli incontri con Robert Rauschenberg, Andy Warhol e la scoperta della fotografia di Robert Frank e Lee Friedlander portano alle nuove ricerche della fine degli anni sessanta e al superamento del reportage tradizionale. I grandi formati, le proiezioni, le solarizzazioni, l’uso dell’iconografia del provino, sono elementi che Mulas recupera dalle sperimentazioni pop e new dada e dalla pratica quotidiana del fotografare. Alla fine degli anni Sessanta partecipa al rinnovamento estetico e concettuale delle neoavanguardie collaborando a cataloghi e libri-documento.  La crisi del reportage, ormai superato dal mezzo televisivo, porta poi Mulas a uno straordinario lavoro di ripensamento della funzione storica della fotografia che conduce al portfolio Marcel Duchamp (1972) e al progetto Archivio per Milano (1969-72). Sono gli anni che vedono anche la nascita delle Verifiche (1968-1972), una serie fotografica che sintetizza in dodici opere l’esperienza di Mulas e il suo dialogo continuo con il mondo dell’arte

 

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