Sid Avery. La sua Hollywood in mostra a Bologna

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BOLOGNA. Sessant’anni fa, nel 1955, moriva James Dean, il bello e dannato di Hollywood, vero e proprio simbolo di quella Gioventù Bruciata che aveva incarnato nel film omonimo uscito nelle sale proprio in quello stesso anno. E a immortalare il mito, era presente Sid Avery, fotografo statunitense che seppe fare della snapshot il suo marchio di fabbrica, realizzando alcuni degli scatti più iconici dei più grandi divi hollywoodiani del dopoguerra. A lui, dal 13 febbraio al 1° marzo Ono Arte contemporanea dedica una personale in galleria Hollywood Snapshot”.

 

James Dean photographed on the set of the film "Giant" in 1955 © Sid Avery/mptvimages.com
James Dean photographed on the set of the film “Giant” in 1955 © Sid Avery/mptvimages.com

 

Sid Avery è conosciuto per essere per il fotografo americano che negli anni ‘50 ci ha restituito il ritratto più intimo dei divi hollywoodiani. Audrey Hepburn, Marlon Brando, Paul Newman, Elizabeth Taylor o Frank Sinatra: tutti vengono ritratti con la stessa intensità, a metà strada tra lo scatto rubato e la foto posata, caratteristica che da sempre è stata peculiare di Avery, tanto che può essere considerato un pioniere dell’istantanea nel patinato mondo di Hollywood, introducendo uno stile “candid” inusuale per il ritratto divistico. Facendo incursione nella vita ordinaria e privata delle star, ne mostra il lato più intimo, quello che normalmente rimaneva nascosto dietro alle luci dei riflettori.

 

 Paul Newman and Joanne Woodward at their Beverly Hills home in 1958 © Sid Avery/mptvimages.com
Paul Newman and Joanne Woodward at their Beverly Hills home in 1958 © Sid Avery/mptvimages.com

 

Negli anni Cinquanta infatti, la ritrattistica più patinata e tradizionale non ha più l’appeal di un tempo e Avery sa cogliere in pieno questa inversione di rotta: nelle sue immagini, lo iato tra persona e personaggio che fino a qualche anno prima era stato enfatizzato da suoi colleghi come George Hurrell e Laszlo Willinger, lascia il posto ad un clima quasi familiare che pone l’accento sull’umanità dei divi ritratti e non più sul loro essere “dei” da adorare. Nonostante questo Hollywood è sempre Hollywood, una fabbrica di sogni che possiede nel suo Dna quell’idealizzazione e quella tensione verso un mondo da favola perfetto che faceva però parte di quella stessa cultura, fatta di «normalità fuori dal comune», di quello stesso mito che Avery ha contribuito a costruire: “[Avery’s] photo shoots … did their part to create a Hollywood star mythology suitable for the family-friendly Eisenhower era”.

 

Audrey Hepburn with her pet dog, Famous, on Paramount's backlot in 1957 © Sid Avery/mptvimages.com
Audrey Hepburn with her pet dog, Famous, on Paramount’s backlot in 1957 © Sid Avery/mptvimages.com

 

E questa costruzione del mito è stata resa possibile anche e soprattutto dall’intimità stessa che legava Avery alle star di Hollywood, con le quali aveva rapporti veri e propri di stima e di amicizia, che gli permettevano quel punto di vista privilegiato, dall’interno, che ci ha restituito poi nei nelle sue, davvero innumerevoli, immagini.

Sono oltre 350.000 quelle realizzate tra il 1946 al 1961, poi comparse nei più popolari magazine dell’epoca, come Look, Life, Saturday Evening Post, Silver Screen e Colliers. Alla fine della sua carriera fonda “Hollywood Photographer’s Archive (HPA)” oggi MPTV dai cui archivi queste immagini provengono, con l’intento di preservare il lavoro dei primi fotografi professionisti di Hollywood. Una collezione dei suoi lavori è stata raccolta nel libro Hollywood at Home: A Family Album 1950-1965 (Crown, 1990), dove i divi vengono catturati nella loro quotidianità, lontani dal glamour e dalla fama.

Info: www.onoarte.com

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