BOLOGNA. Si chiama “Inside Time” ed è la mostra che fino al 10 maggio sarà esposta negli spazi di ABC-arte bologna cultura (via Farini 30) con opere di tre artisti che spaziano tra pittura, scultura, fotografia e istallazione.
Per quanto riguarda la fotografia saranno esposte le opere di Mustafa Sabbagh che ribalta il concetto dello ‘scoprire’ mostrando, invece, soggetti avvolti da teli scuri che si presentano allo stesso tempo come sculture angoscianti e mistiche. Per la scultura: Elvio Chiricozzi con una serie di piccole opere in grafite che ritraggono paesaggi e nuvole e una grande tela site-specific sulla quale sono attaccati minuziosamente stormi di piccoli uccelli neri, che creano un rumore assordante nello spettatore fatto insieme di gioia e disperazione. In ultimo, Davide Dormino proporrà una serie di opere in ferro in cui pesante e leggero simbolicamente si uniscono e un’installazione sul pavimento con grandi fogli bianchi scolpiti nella materia, simbolo di tutto ciò che ancora non è stato scritto.
Mustafa Sabbagh, Davide Dormino ed Elvio Chiricozzi propongono quindi, con tre sensibilità artistiche differenti, un percorso multimediale in cui pittura, scultura, fotografia e istallazione concorrono a creare uno spazio appositamente angusto metafora della prigione esistenziale. Una ricerca sulla luce, la forma e la materia nella quale le opere, di piccole e grandi dimensioni, dialogano tra loro emergendo dal buio delle sale.
Inside Time, prima della mostra, è il nome del quotidiano distribuito ai detenuti nei penitenziari del Regno Unito: é l’unico mezzo di comunicazione ufficiale tra chi è prigioniero e che vive la libertà del quotidiano. Ancora una volta di più, la visita a questa mostra e il forte coinvolgimento emotivo, aiutato da un sapiente e studiato allestimento, conferma il grande valore della comunicazione quale unica forma di contatto e scambio di energia tra gli individui.
Il segno, la carta e l’immagine rimangono gli ultimi documenti reali del rapporto con gli altri. I tre artisti, infatti, ricreano uno spazio nel quale il visitatore, allo stesso modo di un detenuto, si ritrova costretto a comunicare con le altre persone in sala, rendendo ancora più tangibile l’obiettivo e il senso della mostra.