Viaggi randagi con Luigi Ghirri, la mostra alla Triennale di Milano

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MILANO. “Nessun luogo. Da nessuna parte – Viaggi randagi con Luigi Ghirri” è una mostra che presenta per la prima volta al pubblico un aspetto originale e assolutamente inedito del lavoro degli artisti italiani Franco Guerzoni (Modena, 1948) e Luigi Ghirri, (Scandiano, 1943-Roncocesi, 1992). La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 9 novembre alla Triennale di Milano.

 

Franco Guerzoni, pozze d'acqua specchi e luce al neon misure variabili, 1969. Foto di Luigi Ghirri e Franco Guerzoni. Courtesy Archivio Guerzoni.
Franco Guerzoni, pozze d’acqua specchi e luce al neon misure variabili, 1969. Foto di Luigi Ghirri e Franco Guerzoni. Courtesy Archivio Guerzoni.

 

“Nessun luogo. Da nessuna parte” nasce parallelamente all’omonimo libro di Franco Guerzoni a cura di Giulio Bizzarri e introdotto da un saggio di Arturo Carlo Quintavalle (Skira Editore, 2014). Come il libro, la mostra è il racconto di un’amicizia e di una collaborazione tra due artisti negli anni della loro formazione, dei loro “viaggi randagi” nella campagna modenese a cavallo tra gli anni sessanta e settanta. Il progetto espositivo, tuttavia, si pone più come contraltare che come compendio al libro. Come un dispositivo dotato di una propria autonomia e struttura narrativa.

 

Franco Guerzoni, progetto per Aia, 1970. Foto di Luigi Ghirri. Courtesy: Biblioteca Panizzi, Reggio Emilia.
Franco Guerzoni, progetto per Aia, 1970. Foto di Luigi Ghirri. Courtesy: Biblioteca Panizzi, Reggio Emilia.

 

Per quasi un decennio, negli anni Settanta, Ghirri e Guerzoni intrattennero un dialogo costante, condividendo l’entusiasmo e le incertezze degli esordi, dei loro primi esperimenti e tentativi. I due condivisero un territorio: un paesaggio di aie, case abbandonate, ruderi, edifici industriali e cantieri che amavano perlustrare da cima a fondo, più o meno quotidianamente. Di quelle esplorazioni resta un’ampia documentazione in centinaia di scatti inediti che Luigi Ghirri realizzava per Guerzoni perché costituissero il punto di partenza, la base materiale dei suoi lavori. In quegli anni Guerzoni ha usato solo alcune di quelle fotografie, ma tutte le altre, conservate nel suo archivio personale senza mai essere dimenticate, sono ora state riportate alla luce e raccolte in questa mostra. In mostra una selezione dei lavori realizzati da Franco Guerzoni tra il 1970 e il 1978 (dalle serie Archeologia, Dentro l’immagine, Affreschi) a partire dalle fotografie di Ghirri, ma anche tutte le altre immagini che circoscrivono i contorni di questa collaborazione: quelle di Luigi Ghirri degli stessi anni (per lo più rovine, muri, impalcature) e che non sono confluite nei lavori di Guerzoni; poi – a comporre un grande mosaico di sequenze che possono accavallarsi, intersecarsi o interrompersi bruscamente – una serie  di scatti che Guerzoni chiama “irrisolti” e che sono la testimonianza di opere che non esistono più, di azioni estemporanee, di interventi più o meno concordati.

 

Franco Guerzoni, progetto per Aia, 1970. Foto di Luigi Ghirri. Courtesy: Biblioteca Panizzi, Reggio Emilia. Franco Guerzoni, riprese per Archeologie, 1973. Foto di Luigi Ghirri. Courtesy: Archivio Guerzoni.
Franco Guerzoni, progetto per Aia, 1970. Foto di Luigi Ghirri. Courtesy: Biblioteca Panizzi, Reggio Emilia.
Franco Guerzoni, riprese per Archeologie, 1973. Foto di Luigi Ghirri. Courtesy: Archivio Guerzoni.

 

Saranno inoltre presentati due nuovi lavori, in forma di dittico, che descrivono la necessità, da parte di Guerzoni, di ricollocare nel presente  le tracce e i resti di quelle esperienze. Si tratta di due grandi strappi d’affresco capaci di contenere lungo i bordi o al proprio interno alcuni scatti di Ghirri che – stampati su gesso o carta sottile – hanno acquisito una sostanza materica e lo spessore di frammenti e rovine. Queste nuove opere che, come molte altre di Guerzoni, si nutrono dell’idea di frammento come un tutto, di archeologie senza restauro, di rovine e di abbandoni, si pongono come fulcro narrativo e centro energetico di tutta la mostra: “un contenitore sentimentale – afferma lo stesso Guerzoni – atto ad accogliere dettagli e accenni di quella lunga stagione, un decennio, che ha visto due amici vicini in una comune ricerca sull’immagine.”

Disponibile in mostra il libro di Franco Guerzoni, edito da Skira, a cura di Giulio Bizzarri e con uno saggio introduttivo di Arturo Carlo Quintavalle (circa 200 pagine, con immagini in b/n e a colori in gran parte inedite) che raccoglie le foto che Ghirri scattò per le opere di  Guerzoni dalla fine degli anni sessanta fino alla fine dei settanta. Il racconto per immagini narra l’amicizia tra i due: gli scambi, le collaborazioni, gli incontri e il loro percorso alla ricerca di nuovi linguaggi. La città di Modena non solo fa da sfondo a queste ricerche, ma ne entra a far parte con i suoi paesaggi, pensati come luoghi per essere fotografati e per ospitare installazioni. La narrazione che Franco Guerzoni oggi ha attivato sul vastissimo giacimento di immagini di allora, quasi tutte inedite, grazie anche alla generosa collaborazione degli eredi Ghirri e della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, non cede però alla tentazione biografica, piuttosto esalta il valore memoriale e frammentario che le immagini, riviste quattro decenni dopo, offrono nella loro profondità.

 

Franco Guerzoni, riprese per Archeologie, 1973. Foto di Luigi Ghirri. Courtesy: Archivio Guerzoni.
Franco Guerzoni, riprese per Archeologie, 1973. Foto di Luigi Ghirri. Courtesy: Archivio Guerzoni.

 

Franco Guerzoni è nato nel 1948 a Modena. All’inizio degli anni settanta utilizza la fotografia come strumento di rappresentazione, del 1972 sono i suoi “Affreschi”, del ’73 le sue ”Archeologie” seguite dalle “Antropologie”, ricerca legata agli aspetti della stratificazione culturale e all’idea di “antico” come perdita. Negli anni ottanta è impegnato nella realizzazione di grandi carte parietali che indagano l’idea di una geografia immaginaria, “Carte di viaggio”, “Grotteschi” e “La parete dimenticata”, alla fine degli stessi anni lavora sulla superficie intesa come profondità. Presenta “Decorazioni e rovine” in una sala personale alla Biennale di Venezia del 1990. Da allora continua, attraverso grandi cicli di opere, la sua indagine sul tempo e sulla poetica della rovina, una sorta di archeologia senza restauro. Dal 2006, in seguito al disoccultamento di un corpo di lavori realizzati con l’uso del mezzo fotografico dall’autore negli anni settanta, presenta alla GAM di Torino “Paesaggi in polvere”, da allora alle sue ricerche si affianca una vera e propria attività di ricongiunzione o di trasferimento che va dal dipinto alla parete vera e propria, inseguendo il sogno che congiunge i tentativi precedenti rivolti alla creazione di una sorta di bassorilievo, costante in tutto il suo lavoro, verso una idea di scultura lieve figlia della nuova attenzione al muro. Quindi la “Parete dimenticata” diviene la reale sede privilegiata del suo più attuale lavoro.

 

La mostra è curata da Davide Ferri, organizzata da Triennale di Milano, Skira editore e Nicoletta Rusconi Art Projects con il contributo di Hedge Invest , società del Gruppo Antonello Manuli Holdings. 
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