Si chiama Endless ed è un progetto fotografico sul centro di accoglienza per migranti appena chiuso e sgomberato. A realizzarlo un fotografo siciliano, Francesco Bellina.
Il Cara di Salinagrande era uno dei centri per richiedenti asilo siti nel Comune di Trapani. La struttura – chiusa il 31 maggio 2015 – è stata oggetto di polemiche di varia natura, soprattutto per ciò che concerne le condizioni in cui venivano ospitati i migranti.
Nel dicembre 2011, una delegazione della Commissione libertà civili, Giustizia e Affari interni del Parlamento europeo, lo definì un vero e proprio “lager”.
«L’acqua nelle docce è fredda, i bagni sono pessimi e i dormitori affollatissimi – disse il capo della delegazione, la svedese Cecilia Wikstrom – in queste condizioni è complicato tutelare la dignità umana».
Prendendo ad esempio il Cara di Salinagrande, “Endless”, vuole porre l’attenzione sul limbo dell’accoglienza, in particolare -come nel caso in questione- quando si tratta di strutture fatiscenti, per di più con una gestione opinabile.
Il lavoro, realizzato dopo la chiusura della struttura, unisce le fotografie delle stanze in cui gli ospiti erano costretti a vivere, a diversi frame video rielaborati di telegiornali in cui si racconta l’attuale stato del fenomeno dell’immigrazione.
Le stanze vuote del Cara di Salinagrande, vengono accostate – per richiami cromatici o tematici- ai confini greci, ungheresi, fino alle reti di Melilla.
Un viaggio senza fine, in cui spesso, la permanenza offerta dall’accoglienza italiana, rasenta i livelli medi di civiltà e dignità umana.