La Russia di Oleg Klimov, Olga Chernysheva e Rob Hornstra alla Huis Marseille

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AMSTERDAM. La Huis Marseille ha l’onore di ospitare una mostra sulla Russia, dai giorni nostri a una trentina di anni fa, tramite tre artisti, due dei quali giocano in casa a narrare il loro paese, Oleg Klimov e Olga Chernysheva, mentre il terzo è l’olandese Rob Hornstra, al quale ruota intorno il tema centrale della mostra, ovvero i Golden Years, dieci anni dal 2003 al 2013, anni in cui Rob è tornato più e più volte in una terra per lui estrema fonte di ispirazione, fino al suo veto imposto dalle autorità locali, dovuto alla sua eccessiva curiosità. Non a caso la mostra in Russia molto probabilmente non circolerà. Ma questa è un’altra storia.

 

 

Rob dimostra il suo interesse per il paese post sovietico già ai tempi dell’università ed è proprio durante la stesura della sua tesi, per la Scuola delle Arti di Utrecht (HKU), intitolata Communism And Cowgirls e riguardante l’approccio delle nuove generazioni dopo la caduta del comunismo, che comincia il suo percorso che lo condurrà più volte a ritornare nella grande Russia. Dopo aver realizzato un ulteriore progetto su personaggi recuperati tra ceti meno abbienti, intitolato ironicamente 101 Billionaires, nel 2009 decide di sviluppare il Sochi Project, una sorta di documentazione fotografica sulla preparazione dei Giochi Olimpici del 2014. Ne esce un’analisi che rivela questo attaccemento verso un paese da amare per il suo tanto fascino dovuto alla sua estrema grandezze e diversità, ma allo stesso tempo facile da odiare per la sua difficoltà nell’essere vissuto, visitato e compreso. E Rob tramite il supporto video e i racconti scritti di Arnold Van Bruggen ci rivela storie pesanti, storie che da un lato dovrebbero essere gridate perchè vorrebbero essere storie da non ripetersi più, ed allo stesso tempo taciute per la perdita di quell’innocenza che risponde al nome di natura umana. Vite snaturate della propria umanità, nelle foto ritratto di Rob, da minorenni con in mano kalasnikov a gente che ha vissuto sulla propria pelle guerre in-civili, dai ricordi di prostitute e drogati, alcuni purtroppo già fuggiti da questa vita, ad invalidi senza un reale motivo, da tardo adolescenti con i sogni infranti a giovani con le mani piene di speranze per il futuro. Le foto di Rob sono in rilievo, hanno mani che smuovono. Ed accanto alle persone una parte della mostra volge uno sguardo fotografico alla nuova Sochi, città attorno alla quale Rob ed Arnold associano un alone di mistero, città costruita per apparire in mondo visione, nascondendo povertà, nascondendo le guerre vicine, nascondendo il grande fratello che osserva i comportamenti. Ad oggi, il progetto risulta finito per forza di cose.

 

 

Il secondo autore Oleg Klimov mostra una Russia da un punto di vista fluviale, attraverso un vero e proprio viaggio durato qualche anno tra le acque, i canali, i mari, sempre in movimento verso obiettivi da catturare, dal Mar Bianco, passando per il Volga, fino a raggiungere le regioni del Tatarstan. Spazi ampi, vene della terra sovietiche piene di storie di commercio, viaggi e deportazioni, rimaste ancora oggi intatte, dove Oleg ed altri otto fotografi si sono spinti con una barca, pilotata da lui stesso, in un’avventura che ha visto dilatati i tempi di spostamento, a discapito di quelli per le sessioni di scatto. L’urgenza dovuta dalla fretta ha fatto sì che le foto siano state più rapide, meno ragionate e quindi più sincere. Questa forma di espressione corrisponde alla definizione del New Journalism ed Oleg ha immortalato bambini intenti a giocare e bagnanti, le facce scavate dei pescatori della regione Kamchatka ma anche momenti più toccanti macchiati di guerra, il tutto con toccante perizia.

 

 

Infine Olga Chernysheva che con due progetti ha dato spazio a ritratti rapportati all’oggettistica che li contorna in un contesto di spazi quotidiani, a voler rafforzare la potenza del semplice. Il progetto On Duty riguarda lavoratori di una stazione metropolitana a Mosca, intenti al dialogo, alla noia, all’attesa, colti in attimi privati. Il secondo, Windows, è un’idea realizzata da una sequenza di una ventina di video incentrati su scene di vita di salotti e di cucine, registrati alla stregua di un innocuo grande fratello. Purtroppo entrambi non hanno ottenuto i risultati sperati, sicuramente non alla pari dei due colleghi sopracitati, non godendo di quell’efficacia sperata e l’effetto finale è quello di semplici ritratti.

 

 

Infine una breve menzione per le due mostre off topic, in primis quella di Willie Doherty che, segnato a vita dall’esperienza diretta della bloody sunday di Derry, il 30 gennaio 1972, vissuta dalla finestra della propria casa, sceglie di fotografare quegli stessi maledetti luoghi a distanza di quasi trenta anni, giocando sul significato intensificato che l’immagine accumula una volta che lo spettatore è informato sulla storia degli eventi. A chiusura Sarkis ed il suo immortalare piccole riproduzioni dei personaggio del Signore degli Anelli, ovvero soggetti che se colti da diverse angolature ne fuoriescono enfatizzati in potenza espressiva, tutto però risulta sostanzialmente un puro esercizio di stile.

Alessandro Rabitti
Alessandro Rabittihttp://alessandrorabitti.com/
Sviluppatore web con un interesse per la musica. E' stato editore per SentireAscoltare, Hatetv e Youthlessfanzine webmagazine che si occupano di informazione e critica musicale. La fotografia è una sua grande passione che sperimenta con le sue Lomo. Dal 2013 vive ad Amsterdam.

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