Con novembre a Bologna torna FotoIndustria 2019, la prima biennale dedicata dedicata alla fotografia dell’industria e del lavoro.
L’evento, alla quarta edizione, è curato da Francesco Zanot e si svolgerà a Bologna, dal 24 ottobre al 24 novembre e vede 11 mostre dislocate in altrettanti palazzi e gallerie del centro. Curiosità sui fotografi in mostra?
Beh, potrete vedere foto di Albert Renger-Patzsch, André Kertész, Luigi Ghirri, Lisetta Carmi, Armin Linke, David Claerbout. Inmostra anche foto di giovani autori come Matthieu Gafsou, Stephanie Syjuco, Yosuke Bandai e Delio Jasse. A tutto questo si aggiunge la mostra Anthropocene al Mast.
Il tema di FotoIndustria 2019 è costruire
Costruire. Un‘azione cruciale, intimamente radicata nella natura della specie umana, qui viene esplorata a tutto tondo, dalle sue radici storiche e filosofiche agli inevitabili risvolti scientifici.
Dalle città alle industrie, dalle reti energetiche a quelle infrastrutturali, dai sistemi di comunicazione alle reti digitali. La Biennale indaga il complesso sistema dinamico del fare che caratterizza la presenza dell’uomo sul pianeta.
È questa attività che dà forma alla tecnosfera: l’insieme di tutte le strutture, che gli esseri umani hanno costruito per garantire la loro sopravvivenza sul pianeta. Uno strato artificiale al di sopra della crosta terrestre definito così dal geologo Peter Haff, professore di geologia e ingegneria civile alla Duke University.
Attraverso lo sguardo degli artisti, le mostre offrono una panoramica su questo nuovo strato artificiale che l’uomo ha costruito nel tempo e si sta sviluppando a velocità vertiginosa.
Le mostre: Lisetta Carmi, Bandai
Lisetta Carmi, Italia
Genus Bononiae – Santa Maria della Vita, via Clavature, 8
In mostra a Bologna due suoi lavori, entrambi realizzati nel 1964. Il primo è un progetto sul porto di Genova, dove ritrae con la medesima intensità le forme maestose e terrificanti e la fatica degli uomini.
Il secondo è una serie sugli stabilimenti dell’Italsider di Genova. Accompagna la mostra la musica di Luigi Nono. Lui, con Lisetta Carmi, ha visitato gli stabilimenti nel 1964, registrandone i rumori.
Yosuke Bandai, A Certain Colletor B
Museo Internazionale e Biblioteca della Musica. Strada Maggiore, 34
I rifiuti sono un inevitabile oggetto di attenzione e dibattito nel contesto della Tecnosfera. Per via della loro natura in gran parte tecnologica e artificiale, minacciano l’umanità a causa dei tempi di smaltimento sempre più lunghi. A volte servono decenni per smaltirli, altre volte secoli, a volte addirittura millenni.
Il fotografo giapponese li mette al centro del proprio lavoro. Raccoglie una serie di rifiuti e altri materiali trovati e ne fa una serie di sculture minime e fragili, che durano il tempo di una ripresa fotografica. Il risultato sono immagini attraenti, misteriose e disturbanti. Immagini frutto di un attento processo di revisione in cui gli oggetti di partenza sono completamente trasformati.
Le mostre: Claebout, Gafsou
David Claebout, Olympia
Spazio Carbonesi – Palazzo Zambeccari, via De’ Carbonesi 11
Olympia è il più ambizioso e visionario progetto realizzato dall’artista belga David Claerbout. Protagonista è il
celebre Olympiastadion di Berlino, noto per avere ospitato le olimpiadi del 1936, progettato dall’architetto Werner March. Lo stadio sarebbe dovuto resistere per mille anni: tale era infatti la durata attesa dai gerarchi per l’intero ciclo del Terzo Reich.
Per questo lavoro David Claerbout si è dunque chiesto come sarebbe apparso l’Olympiastadion tra un millennio. Per farlo ha sviluppato un complesso software di computer grafica che simula il degrado dell’architettura in tempo reale in una proiezione di grande formato, fino alla sua totale sparizione.
Matthieu Gafsou, H+
Palazzo Pepoli Campogrande, via Castiglione 7
Il Transumanesimo è un movimento che vuole migliorare le performance cognitive, psichiche e fisiche dell’uomo attraverso l’utilizzo della scienza e della tecnologia. Spesso abbreviato con la sigla H+, è il soggetto della mostra del fotografo svizzero Matthieu Gafsou.
Il progetto costituisce una vasta ricerca su questo fenomeno, svolta all’interno di istituzioni scientifiche, laboratori e comunità in diversi paesi. Il lavoro documenta dispositivi e innovazioni che vanno dai supporti medici (pacemaker, protesi, arti cibernetici) agli innesti di microchip, dai cibi sintetici alle strategie anti-invecchiamento.
Da vedere: Ghirri, Jasse, Kertész
Luigi Ghirri, Prospettive industriali
Palazzo Bentivoglio, via del Borgo San Pietro 1
Ghirri ha plasmato un intero immaginario fotografico, trasformando gli oggetti della propria quotidianità e l’intero paesaggio circostante in autentici strumenti di riflessione concettuale. Ghirri ha realizzato però anche importanti nuclei di lavoro per l’architettura, la pubblicità e l’industria.
In mostra a Bologna le fotografie realizzate per Ferrari, Costa Crociere, Bulgari e Marazzi, in gran parte inedite, presentate insieme ad altri materiali. Dagli album di provini originali alle cartelle finali, strumenti preziosi per approfondire la carriera di un protagonista assoluto della storia della fotografia.
Delio Jasse, Arquivo Urbano
Fondazione del Monte – Palazzo Paltroni, via delle Donzelle 2
Delio Jasse ha rappresentato il proprio paese, l’Angola, alla 56esima Biennale di Venezia. Qui presenta il suo ultimo lavoro, Arquivo Urbano. Una serie dedicata alla capitale dell’Angola, Luanda, città abitata da 8 milioni di persone che dovrebbero duplicare entro un decennio.
Le foto sono state realizzate con la sovrapposizione di diverse immagini e rimandano al passato coloniale che si riflette nelle facciate degli edifici e promuovono una complessa riflessione sul futuro.
Jasse guarda al passato e contemporaneamente realizza una sorta di utopia architettonica sull’incertezza della crescita delle nuove metropoli africane.
André Kertész, Tires/Viscose
Fondazione Cassa di Risparmio – Casa Saraceni, via Luigi Carlo Farini 15
Tra i protagonisti della street-photography al fianco di autori come Henri Cartier-Bresson e Robert Frank, l’ungherese André Kertész ottiene la cittadinanza americana nel 1943, potendo così esercitare il mestiere di
fotografo negli Stati Uniti.
Nel pieno della guerra fotografa prima per la celebre rivista ‘Fortune’ la fabbrica di pneumatici Firestone, impegnata a rifornire le truppe al fronte, poi gli stabilimenti della American Viscose Corporation, concentrandosi sul rapporto tra uomo e macchina e sulla ricerca per la produzione di una fibra artificiale. Rarissimi e inediti, questi reportage mostrano i tratti tipici del lavoro di Kértesz: i dettagli di un filo o di una mano al lavoro sono trattati come preziose nature morte.
Le mostre: Linke, Renger-Patzsch, Syjuco
Armin Linke, Prospecting Ocean
Biblioteca Universitaria di Bologna – BUB, via Zamboni, 33/35
Videomaker e fotografo italiano di fama internazionale, Armin Linke lavora da molti anni sui temi della
trasformazione del territorio e delle forze economiche e politiche che la promuovono. Prospecting Ocean è uno studio, realizzato grazie alla collaborazione di scienziati, tecnici e legali, sullo sfruttamento delle risorse marine e l’amministrazione dei fondali di tutto il mondo.
Realizzate con speciali veicoli sottomarini a controllo remoto e altri strumenti tecnologici all’avanguardia, le immagini mostrano ciò che risulta normalmente invisibile, svelando un denso intrico di macchinari e tubazioni per estrarre e distribuire risorse preziose.
Albert Renger-Patzsch, paesaggi della Ruhr
Pinacoteca Nazionale, via delle Belle Arti 6
Tra il 1927 e il 1935, Albert Renger-Patzsch, tra i più importanti artisti della Nuova Oggettività tedesca, ha
realizzato un’ampia serie di fotografie nella regione della Ruhr. Questo è l’unico lavoro di Renger-Patzsch che non sia stato realizzato su commissione. Un autentico capolavoro della fotografia documentaria e modernista che ha successivamente influenzato numerosi autori, tra cui i coniugi Bernd e Hilla Becher e i maggiori rappresentanti della cosiddetta scuola di Düsseldorf.
Ora le 70 fotografie di questa mostra sono più importanti che mai: costituiscono un fondamentale supporto visivo per il dibattito sull’urbanistica, la crescita delle città e la rigenerazione del paesaggio delle zone minerarie.
Stephanie Syjuco, Spectral City
MaMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, via Don Minzoni 14
Stephanie Syjuco combina nei suoi lavori fotografia, video e nuovi media digitali. Americana di origine filippina, con Spectral City ci mostra un video realizzato con immagini scaricate da Google Earth. Il video ricostruisce il percorso compiuto dal ‘cable car’ di San Francisco nel film “A Trip Down Market Street” del 1906, per realizzare il quale i Miles Brothers avevano montato una cinepresa sulla parte anteriore di un ‘cable car’.
Pochi giorni dopo le riprese il grande terremoto di San Francisco avrebbe cancellato gran parte degli edifici documentati dalla pellicola. Parallelamente, nel video di Stephanie Syjuco l’algoritmo di Google cancella ogni presenza umana.
Completamente deserta, la città appare proprio come dopo un enorme cataclisma. Spectral City è una riflessione sui limiti e le distorsioni della visione delle macchine, sullo spazio pubblico e sul continuo processo di costruzione e ricostruzione della città.
FOTO/INDUSTRIA 2019
24 ottobre – 24 novembre 2019
www.fotoindustria.it
Ingresso gratuito