Nuove e inedite fotografie di Vivian Maier stanno arrivando a Trieste per una nuova mostra al Magazzino delle Idee.

L’esposizione, a cura di Anne Morin, realizzata e organizzata dall’Ente per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con diChroma photography, Madrid, John Maloof Collection e Howard Greenberg Gallery New York, sarà visibile al pubblico dal 20 luglio al 22 settembre 2019.

In mostra 70 autoritratti, di cui 59 in bianco e nero e 11 a colori (questi ultimi mai esposti prima d’ora sul territorio italiano) per scoprire la celebre fotografa attraverso i suoi primi scatti.

vivian maier mostra trieste 1955
©Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

Gli autoritratti

Nel suo lavoro ci sono temi ricorrenti: scene di strada, ritratti di sconosciuti, il mondo dei bambini e gli autoritratti, che abbondano nella produzione di Vivian Maier attraverso una moltitudine di forme e variazioni.

L’interesse di Vivian Maier per l’autoritratto era più che altro una disperata ricerca della sua identità. Ridotta all’invisibilità, ad una sorta di inesistenza a causa dello status sociale, si mise a produrre prove inconfutabili della sua presenza in un mondo che sembrava non avere un posto per lei.

Il suo riflesso in uno specchio, la sua ombra che si estende a terra, o il contorno della sua figura. Come in un lungo gioco a nascondino, tra ombre e riflessi, in mostra ogni autoritratto di Vivian Maier è un’affermazione della sua presenza in quel particolare luogo, in quel particolare momento.

Caratteristica ricorrente è l’ombra, diventata una firma inconfondibile nei suoi autoritratti. La sua silhouette, la cui caratteristica principale è il suo attaccamento al corpo, quel duplicato del corpo in negativo “scolpito dalla realtà”, ha la capacità di rendere presente ciò che è assente.

vivian maier mostra trieste Untitled, Chicago, IL, 1974
©Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

La mostra omaggio alla sua vita

La mostra ripercorre la produzione di una fotografa che per tutta la vita non si è mai considerata tale, e che, anzi, nel mondo è sempre passata inosservata. E che è stata riconosciuta solo dopo al 2009, quando è stato acquistato tutto il corpus fotografico per caso, in un mercatino.

Lei che ha lavorato come bambinaia per 40 anni, a partire dai primi anni Cinquanta e per quattro decenni, tra New York e Chicago, nel suo tempo libero fotografava la strada, le persone, gli oggetti, i paesaggi ritraendo tutto ciò che la sorprendeva, cercando di restituire l’ordine delle cose.

Quando i protagonisti dei ritratti erano poveri, lasciava loro una legittima distanza; quando invece appartenevano all’alta società metteva in atto azioni di disturbo facendo in modo che nello scatto risultassero infastiditi.

Le sue foto sono rimaste nascoste, tenute per sè. Fino a quando appunto il suo lavoro – oltre più di 150.000 negativi, super 8 e 16mm film, diverse registrazioni audio, alcune fotografie e centinaia di rullini non sviluppati – è stato scoperto da un giovane immobiliarista, John Maloof, e la sua opera fotografica è stata resa nota in tutto il mondo.

Lo scopo della mostra è dunque quello di rendere omaggio a questa straordinaria artista, capace non solo di appropriarsi del linguaggio visivo della sua epoca, ma di farlo con uno sguardo sottile e un punto di vista acuto.

vivian maier mostra trieste self portrait on a beach in New York's Staten Island, 1954
©Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

Il colore per la Maier

Inedito nel percorso espositivo il nucleo di immagini a colori.

Per Vivian Maier, il passaggio al colore è stato accompagnato da un cambiamento dovuto all’utilizzo di una Leica all’inizio degli anni Settanta.

La fotocamera è leggera, facile da portare: le foto sono riprese direttamente a livello dell’occhio, a differenza della Rolleiflex che usava prima. Vivian Maier è così in grado di raccogliere il contatto visivo con gli altri e fotografare il mondo nella sua realtà colorata.

Il suo lavoro a colori rimane singolare, libero e anche giocoso. Esplora le caratteristiche specifiche del linguaggio cromatico con una certa casualità, elabora il proprio vocabolario, ma soprattutto si diverte con il reale: sottolineando stridenti dettagli di colore, mostrando le discrepanze multicolore della moda o giocando con brillanti contrappunti.

vivian maier mostra trieste 1978 ritratto allo specchio a colori
©Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

I filmati Super 8 mm

In mostra anche una serie di filmati in super 8mm che ci permettono di seguire il movimento dell’occhio dell’artista. Nel 1960 inizia a filmare scene di strada, eventi e luoghi. Il suo approccio cinematografico è strettamente legato al suo linguaggio da fotografa: è una questione di esperienza visiva, di un’osservazione discreta e silenziosa del mondo che la circonda.

Non c’è narrazione, nessun movimento della macchina (l’unico movimento cinematografico è quello della carrozza o della metropolitana in cui si trova). Vivian Maier filma quello che la porta all’immagine fotografica: osserva, si ferma intuitivamente su un soggetto e lo segue.

Ingrandisce con la lente per avvicinarsi senza avvicinarsi e concentrarsi su un atteggiamento o un dettaglio (come le gambe e le mani di individui in mezzo alla folla).

Il film è sia una documentazione (un uomo mentre viene arrestato dalla polizia, oppure i danni causati da un tornado) sia un oggetto di contemplazione (la strana processione di pecore ai mattatoi di Chicago).

vivian maier mostra trieste ritratto street
©Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

Il film Findig Vivian Maier

La pellicola conclude il percorso della mostra, proiettata in una saletta cinematografica allestita per l’occasione. E’ stata realizzata dal giovane regista che è anche la persona a cui si deve la scoperta di Vivian Maier: John Maloof.

Fu lui, infatti, nel 2007, ad acquistare in un mercatino di Chicago una scatola contenente una decina di negativi di cui non si conosceva né la provenienza e né l’autore.

Questa scoperta ha determinato una “caccia al nome” che si concluse solo dopo la morte della fotografa, nel 2009.

In questo docu-film il regista racconta una storia avvolta nel mistero, perché l’identità di Vivian Maier fotografa è sì venuta alla luce postuma, senza che lei potesse ricevere alcun riconoscimento in vita, ma la storia della sua vicenda personale si è rivelata intricata, dolorosa e costellata di interrogativi rimasti inevitabilmente senza risposta. 

Finding Vivian Maier è dunque un omaggio alla figura enigmatica di un’artista vissuta nell’ombra della sua grande passione. 

vivian maier mostra trieste foto all'ombra
©Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY
Vivian Maier, The Self-Portrait and its Double
DoveMagazzino delle Idee, Trieste
Quando20 luglio – 22 settembre 2019
Orarida martedì a domenica 10-20. Lunedì chiuso
Ingressointero 6 euro; ridotto 4 euro
Infowww.magazzinodelleidee.it