ROMA. E’ un affascinante lavoro antropologico e sociale quello di Erika Larsen che con Sami, il popolo delle renne ha immortalato abitudini e tradizioni di un popolo davvero lontano dalla quotidianità che conosciamo noi tutti oggi. Il suo lavoro sarà esposto, fino al 27 giugno, per una mostra curata da Marco Pinna (redattore di National Geographic Italia), all’istituto Superiore Antincendi in occasione della manifestazione Fotoleggendo.

 

 

 

Indigeni del circolo polare artico della Scandinavia settentrionale e della Russia, i Sami sono allevatori e nomadi per tradizione. Dato che la loro sopravvivenza dipende dall’ambiente in cui vivono, questi allevatori sono estremamente consapevoli di ogni cambiamento naturale e vivono in condizioni climatiche estreme da generazioni. Le fotografie di Erika Larsen sono centrate su quella piccola percentuale del popolo Sami che continua a dipendere dall’allevamento di renne per la sopravvivenza. Una comunità che si confronta quotidianamente con l’ambiente circostante in un rapporto pressoché simbiotico, ma anche con il proprio ruolo nel mondo moderno e con il senso di mistero e bellezza che ha contribuito alla sopravvivenza delle generazioni precedenti.

 

 

 

 

Questo lavoro fotografico è stato realizzato tra il 2007 e il 2011. È un percorso di ricerca personale che ha portato l’autrice dentro la vita quotidiana di alcune famiglie di allevatori di renne. Non intende rappresentare in maniera esauriente gli allevatori Sami o la cultura Sami nel suo complesso perché l’autrice stessa dichiara di aver imparato da questa gente che non può essere la voce del popolo Sami, il quale possiede una voce propria e ha le proprie storie da raccontare.

 

 

 

Gran parte di queste immagini sono state scattate nei pressi di Kautokeino, in Norvegia, e di Gällivare, in Svezia.

Per realizzare questo reportage la Larsen ha lavorato come beaga, o collaboratrice domestica, per Nils Peder e Ingrid Gaup. Ha deciso quindi di immergersi nella loro vita per comprendere più a fondo ciò che vedeva e le esperienze che viveva. Il processo fotografico è stato intuitivo, ma comprendere la cultura di questo popolo ha richiesto un impegno quotidiano fatto di lavoro fisico, di apprendimento del linguaggio e di ascolto.