Se ci chiedete quale siano state per noi le mostre più belle dell’edizione 2015 di Cortona on The Move beh, dopo un’attenta selezione vi risponderemmo: ‘Un posto sul podio al focus sulla Russia in via ruga Piana 60′.

Il focus, curato da Andrei Polikanov, presenta quattro progetti davvero affascinanti, incastonati come gioielli all’interno delle volte o sulle mura degli appartamentini di via Ruga Piana. Si sale per gradi e ad ogni piano c’è un focus diverso che ci porta sempre più ‘dentro’ alla Russia, al suo territorio, alle sue usanze, alle sue tradizioni e -perché no?- anche dei suoi sogni. Ma partiamo per gradi anche noi.

 

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Ad accoglierci ‘Pastoral’ di Alexander Gronsky, un progetto che svela la zona intermedia tra la metropoli e la zona di campagna, di confine con Mosca. In mostra tutta una serie di paesaggi di periferia che esasperano ed evidenziano le contraddizioni tra le aree incolte e le nuove costruzioni, mostrando un lato di una Russia che non ancora conosciamo e dove l’uomo, se appare, lo fa in modo marginale, quasi surreale. Davvero interessante.

 

Arriviamo poi al piano destinato a Tatiana Plotnikova che con ‘The Mari’ racconta i riti degli ultimi pagani d’Europa. Il Mari tradizionale, spiega la Plotnikova, è riconosciuta come una delle tre fedi tradizionali, insieme a Cristianesimo e l’Islam, ma prevede rituali molto antichi tra cui la macellazione di alcuni animali e riti ancestrali nelle zone boschive il che dimostra quanto ancora in Russia, in certe zone, siano attaccati alle antiche tradizioni e quanto esse sopravvivano anche oggi. Gli scatti, in bianco e nero, sono a metà tra magia, riti e tradizioni, e ci portano dentro a questi riti che sanno di stregoneria antica.

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Ancora, in “Into the cold” di Ksenia Diodorova troviamo un altro lato della Russia, quello più sociale. La fotografa, russa, nel 2014, ha passato molto tempo in Tagikistan a fotografare gli abitanti. Molti tagiki sono emigrati in Russia dopo la guerra civile. Lei ha fotografato chi è rimasto poi, una volta tornata a casa ha fotografato i parenti di chi aveva fotografato in Tagikistan. Un lavoro che chiude il cerchio o lo apre a nuove prospettive.



Ed arriviamo ad uno dei progetti più belli, secondo noi. Si tratta di Weather Man di Evgenia Arbigaeva in cui la fotografa racconta la vita di Vyacheslav Korotki, uomo di una solitudine estrema. È un esperto polyarnik, un meteorologo specialista del Polo Nord e negli ultimi 30 anni ha vissuto su delle navi russe fino ad arrivare a Khodovarikha, un avamposto sull’Artico, inviato dallo Stato a misurare le temperature, le nevicate e i venti. La base si trova all’estremità di una penisola in mezzo al Mar di Barents. La città più vicina è a un’ora di elicottero. Korotki ha una moglie che però vive lontano, ad Arkhangelsk. Non hanno figli. Korotki ha 63 anni e quando ha iniziato la sua carriera era un romantico entusiasta degli spazi aperti e della natura dell’Artico. Vedeva in televisione i polyarnik che apparivano come dei cosmonauti, degli esploratori per conto dell’Unione Sovietica. Non riusciva a credere che fossero veri, ne era affascinato. Ma adesso ne sono rimasti pochi. Chi vorrebbe ancora vivere quella vita?

Evgenia Arbugaeva, una fotografa nata e cresciuta a Tiksi, nell’Artico russo, ha passato lungo tempo con Korotki: “Sono andata con l’idea di trovare un eremita solitario in fuga dal mondo per chissà quale oscuro dramma – spiega Arbugaeva – ma non era così. Non si sente affatto solo. È come se scomparisse nella tundra, nelle tempeste di neve. Korotki non ha una concezione di sé come la maggior parte delle persone. È come se fosse vento”.

Per noi questo progetto, romantico e allo stesso tempo cupo, tenebroso, racconta un’altro lato della Russia, della sua gente. E lo fa magistralmente.