Com’è la mostra di Ferdinando Scianna a Venezia

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La Casa dei Tre Oci di Venezia ha prorogato fino al 16 febbraio la grande antologica di Ferdinando Scianna, uno dei più grandi fotografi del nostro contemporaneo e primo membro italiano introdotto nella autorevole agenzia Magnum Photo da Henri Cartier-Bresson. Scianna in 180 opere espone il percorso intenso, appassionante e lucido della sua variegata carriera fotografica.

La mostra di Scianna a Venezia, celebrazione all’immagine fotografica

L’esposizione, “Viaggio, Racconto, Memoria”, a cura da Denis Curti, Paola Bergna e Alberto Bianda, è la celebrazione all’immagine fotografica in una variegata e profonda semantica, nel linguaggio di un mondo descritto e costruito per mezzo della macchina fotografica, ma in sé semplice e sincero, studiato ma percepito, immaginato e trovato.
Emblematica è l’immagine di “Marpessa. Caltagirone” del 1987 che introduce alla mostra: la personificazione della fotografia. Bellezza, musa ispiratrice e compagna di viaggio nel racconto della propria visione del mondo.

Tra nostalgia e radici: la sua terra, la Sicilia

Al piano terra dello spazio espositivo, la prima sezione: Memoria. Un immaginario che, in questo segmento di mostra è suddiviso nelle tematiche di Sicilia, Bagheria e Feste. La nostalgia e le profonde radici, caratterizzano “il luogo dell’anima” dell’autore, la Sicilia. Luogo di “interrogazione continua”, per Scianna diventa quasi un’ossessione. Un luogo pieno di contraddizioni ma unico nel suo essere.
Non sembra nemmeno casuale che l’ampio atrio al piano terra e la luce che illumina la parte posteriore dell’area rafforzino la retorica poetica che le immagini in esposizione vogliono trasmettere. Una vita semplice, luoghi puri seppur intermittenti di incongruenze sociali conosciuti.

Nelle foto vediamo un padre che, sotto un bianco ombrello, avvinghia e protegge suo figlio da un evidente sole a picco, mentre è in sella al proprio asino. Una vita agreste, cadenzata dal quotidiano e dalla condizione di “uomo solo”, come racconta Scianna. Una vita che viene sospesa e affollata dalle feste religiose, che però sembrano essere tutto il contrario. L’eccessiva teatralità e l’aggregazione, che nelle fotografie si percepiscono, sono ancora oggi incontro di maschere non solo simulate.
Bagheria è poi rappresentata da un’installazione a forma di ‘s’ sospesa: stampa su carta, immagini in varie dimensioni. Un modo dinamico per narrare un’esistenza tale già dal primo giorno dalla nascita: la madre, spaventata da una bomba scoppiata un’ora dopo dal parto, subisce una forte montata di latte. Da qui, i ricordi dell’autore nei legami famigliari e nelle amicizie frequentate, i primi amori e la spensieratezza di un’adolescenza sulla sua “rotonda sul mare”.

Ritratti e ossessioni

Salendo al primo piano, poco prima di finire le scale, si viene immersi nello straordinario e noto ritratto in gigantografia di Marpessa Hennink, top model olandese con cui Scianna, alla fine degli anni ’80, lavorò. Inizia da qui un viaggio attraverso i ritratti, i miti e le ossessioni di Scianna oltre ad uno spazio che il fotografo ha dedicato alla moda a Venezia.

Buona parte delle foto ospitate in questo piano sono dedicate alla ritrattistica. Qui troviamo infatti i ritratti di Leonardo Sciascia, Martin Scorsese, del mentore Henri Cartier-Bresson, Gillo Dorfles e del padre della semiologia Roland Barthes, in un esatto portrait della sua personalità timida e imbarazzata.

Dopo i ritratti si corre incontro ai miti e riti di Scianna, oltre alle sue ossessioni, che hanno contraddistinto i 50 anni di lavoro del fotografo siciliano. Qui si possono vedere immagini legate alla sua idea di paesaggio, concetto raccolto nel 2017 nel libro “Istanti di Luoghi” edito da Contrasto. Ma anche immagini senza una precisa collocazione. Del resto, per Scianna un fotografo “guarda il mondo come uno specchio dalle migliaia di sfaccettature che gli rimandano immagini delle cose più disparate nelle quali cerca istanti attraversi i quali tenta di costruire un’idea del mondo e di sè stesso”. E quindi viene spontaneo sorridere davanti all’immagine di un cane bulldog inglese seduto su un tappeto persiano, vicino ad un pavimento a scacchiera davanti a tre bare esposte una sull’altra.

ferdinando scianna mostra venezia
© Terry Peterle

Riti, celebrazioni e moda

In mostra anche immagini legate ai riti e alle celebrazioni che l’autore ha raccolto in luoghi remoti dall’Italia. E infine, anche una sezione inedita dedicata alla moda a Venezia con una serie di immagini che Scianna ha realizzato nella città lagunare.

Viaggi e racconti di altri mondi

Al secondo e ultimo piano della mostra, la narrazione della fotografia viene vissuta Oltreoceano, divisa tra le due sezioni: Viaggio e Racconto. Qui troviamo un focus sull’America, in particolare su New York, in cui l’autore conferma la sua abilità di immortalare il contemporaneo. Tra le tante foto anche quella di una ragazza, in discesa ad una stazione della metrò, con in testa una finta corona della Statua della Libertà, a fianco di una ragazza di colore, appoggiata ad un asta della scala. Simbolo del futuro verso il passato, legato alla storia americana della tratta degli schiavi e della segregazione razziale.
Qui anche una sezione dedicata ai reportage, tra cui uno dedicato alla comunità di minatori delle Andre boliviane. E poi un focus sui bambini che Scianna ha incontrato nei suoi viaggi. Qui le cornici sospese ad altezza occhi attirano la nostra attenzione, un rinvio all’evanescenza del loro essere innocenti. Scianna afferma: “I bambini ci guardano. […] Ma noi, li guardiamo i bambini? […] Ma come li guardiamo? E soprattutto: li vediamo? Sappiamo vederli?”. Domande lecite, spazio di riflessione.

Infine, uno spazio importante di questo viaggio è stato riservato al dolore. Come nel volto di un uomo. Un rifugiato albanese, arrivato a Brindisi nel 1991 con Vlora, la nave mercantile che portò nel nostro Paese oltre ventimila persone – lo sbarco più grande avvenuto. Sguardo intenso, occhi inquieti e tristi. Impossibile rimanere indifferenti. Il sentimento di Scianna anche qui ci sorprende, ci interroga: “Non ci può essere compassione per il dolore e l’ingiustizia senza un sentimento intenso della felicità”. Del resto non è anche lui, quest’uomo rifugiato, in cerca della felicità?

Terry Peterle
Terry Peterle
Nell’ambito della fotografia il suo interesse e i suoi studi si sono rivolti prevalentemente nella cultura e linguaggio fotografico, e con particolare interesse segue lo sviluppo e le diramazioni dello stesso nella fotografia attuale.

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