BOLZANO. Si chiama Still ed è la nuova mostra che, dal 21 ottobre al 28 novembre, sarà ospitata al foto-forum gallery. Una mostra che esplora la natura morta nella fotografia contemporanea nell’opera di Azt, Jihye Baek, Giovanni Castell, Heinz Cibulka, Daniele de Vitis, Marilú Eustachio, Sabine Groschup, Robert Gruber, Albano Guatti, Robert F. Hammerstiel, Matthias Herrmann, Bill Jacobson, Will Light Johnson, Leo Kandl, Rolf Koppel, Robert Kozma, Angelika Krinzinger, Paul Albert Leitner, Branko Lenart, Peter Loewy, Omar Lorenzoni, Ann Mandelbaum, Pasquale Martini, Elfriede Mejchar, Brigitte Niedermair, Annelies Oberdanner, Laura J. Padgett, Agnes Prammer, Christian Roeck, Anja Ronacher, Fabrizio Sacchetti, Stefano Scheda, Elfie Semotan, Ingeborg Strobl, Mathias Swoboda, Davide Tranchina, Martin Walde, Shen Wei, Robert Zahornicky e Michael Ziegler.

 

 

[quote_box_center] Il motivo della natura morta è stato un tema centrale della fotografia già ai suoi albori perché gli oggetti statici compensavano le iniziali carenze tecniche. Ciò che affascinava la fotografia sul nascere del XIX secolo e ciò che appassiona ancora oggi i contemporanei è la riproduzione fedele nel dettaglio della realtà e della sua esteriorità materiale, vale a dire soprattutto di un mondo fatto di vetri, fiori o frutti.  La mostra “still” presenta una selezione di fotografi della Bassa Austria, ma non solo, che sono espressione della differenziazione nell’uso del medium fotografico e dell’ampliamento dei contenuti all’interno dell’iconografia della natura morta. Ogni artista è presente con un’immagine che ritiene lo rappresenti. Le opere di 40 autori contemporanei documentano non solo le esperienze del passato ma anche un confrontarsi visivo con la nostra realtà che rifugge con crescente intensità dall’immaterialità della comunicazione per immagini. Accanto al nudo, al ritratto, al paesaggio e ai soggetti di genere, che sono tutti temi originari della pittura, anche la natura morta è divenuta un motivo essenziale della fotografia come espressione d’arte. Peter Weiermair [/quote_box_center]

 

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